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“Ogni ricordo un fiore”, nell’esordio di Luigi Lo Cascio la ricerca dell’incipit più bello

“La vita è una morte a priori.”
“Implicita perfidia dei padri: mentre si dà la vita già si condanna a morte.”
“Nel corpo sono sparsi certi roghi, residui di un’origine del fuoco.”
Sono alcuni dei tentativi di incipit di un romanzo che Paride Bruno sta rileggendo sull’Intercity Palermo-Roma. A predominare sembra sia ora la morte ora un qualcosa di malinconico e nostalgico… sono tutti flash, pensieri, sensazioni, riflessioni, lampi di vita. 230 storie che iniziano ma si interrompono subito, lasciando una scia di interrogativi e curiosità. Tanti stili e generi diversi per una trama che fa fatica a svilupparsi e si ferma sempre al primo periodo o tutt’al più arriva a raggruppare considerazioni profonde per poi rimanere sospesa. Un po’ come la vita di Paride che proprio tra le righe di quegli incipit inizia a essere ripercorsa con la stessa lentezza del treno che si sovrappone a una profondità interiore scandagliata in quel viaggio. Quel treno Paride lo prendeva vent’anni prima e in quel treno, come accade spesso su un vagone, si carpiscono brandelli delle esistenze altrui – basta uno sguardo, un gesto, una parola. Così, tra la lettura di un incipit e qualche inevitabile scambio di parole con i passeggeri, Paride sembra riconciliarsi con se stesso.
È una figura complessa quella del protagonista di Ogni ricordo un fiore (Feltrinelli), opera prima poetica e raffinata di Luigi Lo Cascio. Con uno stile elegante prende forma una trama originale, non scontata, raccontata con un vigore intellettuale raro nella narrativa contemporanea. Lo Cascio scrittore è una bella rivelazione – secondo la critica ricalca modelli illustri, da Manganelli a Gadda, da Bufalino a Consolo, autori classici del nostro Novecento –  e Ogni ricordo un fiore è la conferma di una voce che, proprio nel suo romanzo d’esordio, non ha avuto paura di osare imponendo una ricercatezza stilistica che si fa apprezzare.
Luigi Lo Cascio è nato a Palermo il 20 ottobre 1967. Diplomatosi all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico nel 1992, comincia subito una prolifica carriera teatrale, arrivando a vincere due volte il premio UBU come miglior attore protagonista con Nella tana di Kafka (da lui anche riscritto e diretto) e Il silenzio dei comunisti, diretto da Luca Ronconi. Nel 2000 Marco Tullio Giordana lo chiama per il ruolo di Peppino Impastato nel film I cento passi, con cui ottiene un David di Donatello. La sua carriera cinematografica prosegue con Luce dei miei occhi di Giuseppe Piccioni (Coppa Volpi alla 58° Mostra del Cinema di Venezia), La meglio gioventù, Buongiorno, notte e molti altri. Nel 2012 esordisce come regista con La città ideale alla 69° Mostra del Cinema di Venezia.

Rossella Montemurro

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