Ultimo giorno di lavoro, ieri, per il sovrintendente capo coordinatore della Polizia di Stato Nicola Malvasi di Montalbano Jonico che dopo 40 anni, 5 mesi e quindici giorni di servizio effettivo, è andato in pensione.
Fiero, onorato e commosso, ha ripercorso la sua storia lavorativa. Un curriculum ricco, pieno di soddisfazioni e rapporti umani che sono rimasti forti anche dopo tanti anni.
La sua era una famiglia umile e lui, il più grande di dieci figli, decise nel 1982 di arruolarsi in Polizia: “Il 15 gennaio 1983 mi presentai nella scuola di Alessandria. Era una giornata pessima, per la nebbia non si riusciva a vedere alla distanza di un metro. All’epoca c’erano più di 900 poliziotti che dovevano essere formati. Dopo la selezione, fui aggregato alla V Compagnia e ricordo ancora, in maniera distinta, i funzionari. Seguii il corso e, prima di concluderlo, ci fu un problema portuale a Genova e, insieme ad altri colleghi, da pivellini che eravamo fummo aggregati al reparto Mobile proprio a Genova”.
Per il sovrintendente capo Malvasi fu un battesimo del fuoco prima di essere destinato alla questura di Pesaro, dove ha trascorso otto anni: “Una bellissima esperienza. Poi, nel 1988 mi sono sposato (sua moglie è Annapina Manolio, hanno due figli: Francesco di 30 anni e Alessia di 23, ndr). Volevamo tornare nella nostra terra, a sei mesi dal matrimonio fui mandato prima alla questura di Matera e poi al commissariato di Pisticci, nel quale sono rimasto per tre anni e mezzo. A ridosso del Natale ’92 sono stato trasferito con altri colleghi al costituendo posto fisso di Scanzano, diventato successivamente commissariato. Sono stato lì fin quando il commissariato di Scanzano è stato sciolto e sono stato trasferito al commissariato di Policoro.
Sono onorato della divisa che ho indossato. – afferma commosso – Ho avuto tante soddisfazioni dagli amici della questura e da quelli dell’Arma dei Carabinieri: l’amicizia personale va oltre la divisa”.
In particolare, il sovrintendente ripercorre l’amicizia fraterna con Gianvito Quinto (“Siamo come due fratelli, è stato il mio capufficio, siamo stati insieme una vita”), con il dirigente del Commissariato di Policoro, il vicequestore aggiunto Roberto Cirelli, Antonio Gallicchio, Cosimo Pozzessere, i due giovani colleghi Maurizio Felicetti e Antonello Sollazzo, l’ispettore Vincenzo Laviola, Girogio Castronuovo, Alessandro Prospero, Michele Canosa, Giuseppe Cifarelli, Franco Malvasi e la dottoressa Cinzia Olmi. E poi, l’abbraccio dei colleghi della questura di Matera, a partire dal questore, la dottoressa Emma Ivagnes, il capo di gabinetto dott. Sandro Rosato, Marco Miriello, tutti i componenti della Squadra Mobile, il dirigente della Digos Valerio Tornese, il dott. Miccolis, il dott. Scialpi, il commissario Salvatore Ardito, anche lui andato in pensione ieri, e il dott. Domenico Di Vittorio che andrà in Puglia e lascerà dopo diversi anni il commissariato di Pisticci.
“Non nascondo – ha concluso – che consegnare la pistola e tutto quello che fa parte del corredo di un poliziotto è stato un sacrificio. Certo, sono soddisfatto di andare in pensione, potrò finalmente dedicarmi alla mia famiglia. Mia figlia ha 23 anni, e proprio il giorno della sua nascita ci fu una rapina a Pisticci. Mia moglie stava partorendo all’ospedale di Tinchi e io mia figlia l’ho vista al volo. La dottoressa Piccitto, all’epoca dirigente, le portò un mazzo di fiori”.
Ancora tanti ricordi, e un invito ai colleghi più giovani: “Cercate di fare gruppo, di combattere la delinquenza. La criminalità purtroppo non si ferma, ne arrestiamo dieci ne escono quindici. Dovete essere uniti e lavorare serenamente”.
Rossella Montemurro