“Nel mondo una volta c’era tua madre e ora non c’è più, c’era un corpo, una voce, un flusso di pensieri, un insieme di gesti riconoscibili, di vezzi lessicali e idiosincrasie, e ora non ci sono più, puoi prendere qualunque treno, qualunque aereo, puoi immergerti fino a toccare il fondo del mare, non la troverai. L’esistenza è venuta meno, al suo posto c’è una porzione di niente, un vuoto calcolabile, e adesso sì che puoi visualizzarlo, adesso non è più un concetto teorico, assenza di materia in un volume di spazio, una nozione inconcepibile dalla mente umana, adesso lo tocchi, un chiodo nello sterno”.
1992, Sarajevo sotto le bombe, un orfanotrofio in cui convivono bambini che orfani lo sono davvero insieme ad altri che i genitori li hanno ma non possono crescerli come vorrebbero. Ogni tanto un gruppo di loro esce per cercare cibo. Sono Omar, Nada, Danilo e Sen. Hanno dieci anni o poco più. Omar passa le sue giornate nell’attesa che la mamma torni a trovarlo. Dall’ultimo bombardamento, lui è vivo per miracolo, non l’ha più vista eppure non smette di credere che prima o poi possa tornare. Nada, che non ha un anulare e spesso viene derisa per questa malformazione, prova a consolarlo nonostante anche lei porti dentro il timore per la sorte di Ivo, suo fratello, costretto ad arruolarsi. Sen, invece, il fratello maggiore di Omar, cinico e disincantato è certo che la madre li abbia abbandonati.
Mi limitavo ad amare te (Feltrinelli) di Rosella Postorino racconta di piccoli ai quali l’infanzia è stata strappata precocemente. La guerra, i lutti, le separazioni, gli stenti: è questo il contesto in cui vivono agognando una presenza che si nutre dell’assenza, quella delle madri.
Un giorno vengono costretti a salire su un pullman per un viaggio, un ulteriore spartiacque, che negli intenti dovrebbe rappresentare un percorso per rifarsi una vita ma sembra pieno di ostacoli e incertezze. Se la madre di Omar è ancora viva, come farà a ritrovarlo? E se Ivo morisse combattendo? In viaggio per l’Italia, lungo strade ridotte in macerie, Nada conosce Danilo, che ha mani calde e una famiglia, al contrario di lei, e che un giorno le fa una promessa.
Nessuna infanzia è spensierata, ciascuno di noi porta con sé le sue ferite, ma anche quando ogni certezza sembra venire meno, possiamo trovare un punto fermo attorno al quale far girare tutto il resto.
Mi limitavo ad amare te il lettore lo scuote, arrivando dritto al cuore. Come si diventa grandi quando da piccoli si è stati amati malamente? E chi può mai dire di essere stato amato come e quanto avrebbe voluto? Nada, Omar e Danilo scoprono presto nel legame che li unisce, e che li spinge a giurarsi fedeltà eterna oppure a tradirsi, la più grande risorsa per una possibile salvezza.
Quello della Postorino, che si è ispirata a una storia vera, è come sempre uno stile intenso e avvolgente.
L’Autrice (Reggio Calabria, 1978) è cresciuta in provincia di Imperia, vive e lavora a Roma. Ha esordito con il racconto In una capsula, incluso nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi La stanza di sopra (Neri Pozza, 2007; Feltrinelli, 2018; Premio Rapallo Carige Opera Prima), L’estate che perdemmo Dio (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e Il corpo docile (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne), la pièce teatrale Tu (non) sei il tuo lavoro (in Working for Paradise, Bompiani, 2009), Il mare in salita (Laterza, 2011) ed è fra gli autori di Undici per la Liguria (Einaudi, 2015).
Con Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018), romanzo tradotto in oltre 30 lingue, ha vinto il Premio Campiello 2018 e diversi altri prestigiosi premi letterari, quali il Premio Rapallo, il Premio Chianti, il Premio Lucio Mastronardi Città di Vigevano, il Premio Pozzale Luigi Russo, il Premio Wondy e, per l’edizione francese del romanzo (La Goûteuse d’Hitler, ed. Albin Michel), il Prix Jean Monnet. Da questo romanzo verrà tratto un film, per la regia di Cristina Comencini.
Rossella Montemurro