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Un laboratorio pluridisciplinare di Archeologia urbana: è così che si configura Porta Pistola nelle intenzioni della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata e del Comune di Matera.
È quanto emerso dopo la presentazione dei primi risultati dello scavo di Porta Pistola in una conferenza stampa promossa dal Comune di Matera e dalla Soprintendenza che si è tenuta pressoi locali comunali del Monastero di Sant’Agata e Lucia presso Porta Pistola.
Al tavolo erano presenti il sindaco Bennardi, la Soprintendente Tomay, l’assessore alle Opere Pubbliche Lomurno, la funzionaria archeologa Carinci e l’archeologa incaricata Marchetta.
Il sindaco ha aperto la conferenza sottolineando lo sforzo che il Comune ha sostenuto nell’ambito del progetto di riqualificazione della Piazza Porta Pistola, seguendo le fasi del progetto durante il mutare dovuto allo scavo archeologico. Ha ribadito l’impegno dell’Amministrazione anche nelle necessarie fasi di completamento dell’indagine, collaborando al reperimento dei fondi necessari attraverso nuove risorse progettuali. Impegno assunto anche dalla Soprintendente Tomay che ha sottolineato come sia necessario un cambio di prospettive di fronte all’Archeologia urbana, disciplina complessa che necessariamente deve vedere la sinergia tra Comune e Soprintendenza e che offre la possibilità di leggere la città in tutta la sua storia, senza trascurare le tracce più recenti. “È un libro di storia che si materializza”, ha detto Francesca Carinci, sottolineando come l’Archeologia preventiva sia un sostegno per l’accrescimento culturale di ogni luogo e non un ostativo ai lavori pubblici. Un concetto che poi è stato reso ancor più evidente dai dati emersi dallo scavo. L’archeologa impegnata sul campo ha infatti esaminato brevemente quanto le stratigrafie hanno restituito alla storia della città, dal periodo medievale fino al selciato storico di primo novecento. Ha chiuso la conferenza stampa l’ing. Lomurno che ha raccontato come è nato il progetto di riqualificazione dell’area di Porta Pistola, ricordando l’episodio del crollo di alcuni tratti del paramento del muraglione sul ciglio della gravina. Emergenza che ha originato un primo intervento di consolidamento del muro nel 2018 e poi in successione quello di riqualificazione dello slargo come Piazza con una piccola parte periferica riservata alla sosta.
Al termine della conferenza stampa è stato possibile visitare il cantiere, ordinato secondo le regole di sicurezza per l’accesso agli esterni. L’archeologa Isabella Marchetta ha mostrato gli elementi determinanti per la ricostruzione storica di questo importante settore della città: un grande muro trasversale che fungeva da cinta sul limite del costone roccioso, il vano affrescato e l’anticamera d’accesso, la prospettiva che i successivi ambienti evidenti dai muri ancora in cresta possano corrispondere all’espansione seicentesca del monastero. Ricordando velocemente le tappe scandite dai documenti storici, l’archeologa ne ha reso il parallelo stratigrafico attraverso le strutture che raccontavano quegli episodi. Ha inoltre definito che, per quanto in luce, l’iniziale suggestiva ipotesi di identificazione dell’ambiente sacro con Sant’Eustachio de Posterga non può essere ulteriormente sostenuta. Il vano deve invece interpretarsi come una cappella privata, di pertinenza del monastero, al cui interno alcune famiglie materane avevano il proprio altare devozionale. Nella piccola cappella, infatti, ben sei altari sono ubicati presso le pareti laterali e uno maggiore, con tabernacolo a muro settecentesco, è sulla parete di fondo. A tutti corrispondono dei riquadri pittorici legati al ciclo della Passione di Cristo. Uno dei riquadri, perfettamente conservato, si riferisce alla Crocifissione ed è preceduto da una scena di fustigazione sul lato destro. Sulla parete sinistra, solo parzialmente leggibile, è rappresentato Cristo alla colonna.
Gli storici dell’arte forniranno per competenza l’interpretazione corretta e coerente dell’intero ciclo, mentre la datazione è definita inequivocabilmente dalla data 1640 che compare sull’affresco del muro di fondo del vano.
Nelle prospettive più immediate l’area sarà restituita a breve alla comunità con un progetto di fruizione parziale, mentre si lavorerà alacremente a reperire, con un nuovo progetto ad hoc, fondi per il completamento degli scavi e per costruire un’idea innovativa di fruizione completa e definitiva delle evidenze archeologiche e dell’intera piazza.
È il momento giusto questo affinché l’Archeologia urbana prenda interamente in carico il compito che più le appartiene: la collaborazione attiva alla crescita della città nel rispetto della sua storia.