Pubblichiamo il testo dell’omelia pronunciata da mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, durante la Messa del giorno di Natale: Carissimi, oggi, in questa magnifica Basilica Cattedrale, siamo entrati nella grotta di...
Riceviamo e pubblichiamo il messaggio dell’arcivescovo di Matera-Irsina mons. Antonio Giuseppe Caiazzo dato nell’incontro con le autorità civili e
militari tenuto stamattina 1 luglio nella cattedrale di Matera:
Ecc.za ill.ma Signor Prefetto, Signor Presidente della Regione, Signor Presidente della Provincia, Signor Sindaco della città di Matera, autorità tutte della nostra Provincia, civili e militari, grazie perché siete presenti e avete risposto ancora una volta al nostro invito alla vigilia della festa della Madonna della Bruna.
Quest’anno celebriamo la festa in un tempo che passerà alla storia. Un tempo che non avremmo mai immaginato di vivere, a causa del coronavirus. Il tempo improvvisamente si è fermato: siamo rimasti chiusi nelle nostre case per mesi, facendoci riassaporare l’essenziale della vita.
Un tempo che, come cattolici, abbiamo vissuto durante la Quaresima-Pasqua-Pentecoste. Per noi la Quaresima è tempo di conversione, di ripensamento dell’esistenza, riletta alla luce della storia che Dio scrive con noi, con sguardo teso verso l’orizzonte della risurrezione. In attesa della potenza dello Spirito Santo che ci aiuta a parlare il linguaggio dell’amore a una umanità disorientata e impaurita.
La pandemia, che ancora sta letteralmente flagellando il mondo, soprattutto dove c’è più povertà e solitudine, ci ha messo di fronte al grigiore dell’esistenza, spesso vissuta senza Dio. Troppo spesso ci siamo sentiti padroni della vita e noi stessi ci siamo messi al posto di Dio, perdendo.
Viviamo una indescrivibile sofferenza che, come una amara medicina, va distruggendo le nostre certezze.
Questo microscopico virus ha messo in crisi tutti. Siamo coscienti che non possiamo rimanere nel chiuso delle paure né fingere che non sia successo niente. Questo è il momento in cui siamo chiamati ad abbandonare tutto ciò che non trasmette vita, la mancanza di desiderio di costruire insieme, rifugiandoci nella tentazione di agire per interessi propri. Questo è il momento in cui, come Noè, nel tempo dell’alluvione della pandemia, siamo chiamati a capire e decidere cosa portare sull’arca.
Ci sono tre domande che mi son venute in mente, che non sono mie ma di Hillel, rabbino ebreo vissuto al tempo di Erode il Grande (nato a Babilonia il 60 a.C. e morto a Gerusalemme il 7 d.C.):
1. Se non mi alzo a difendere me stesso, chi sono?
2. Se esisto solo per me stesso, che cosa sono?
3. E se non ora, quando?
Sono tre domande molto attuali, che ci portano a riflettere che quanto abbiamo ereditato ci deve motivare ad essere propositivi e costruttori di una umanità nuova. Diversamente questa nostra civiltà rischia di crescere senza pace, giustizia, fraternità.
Interrogativi che Primo Levi si pone nel romanzo: Se non ora, quando? Come testimonianza fondamentale della nostra Storia, che va raccontata per non dimenticare ciò che subirono gli ebrei, e non solo, nei campi di concentramento. Anche oggi non possiamo e non dobbiamo dimenticare quanto è successo e sta succedendo nel mondo attraverso la pandemia.
Sono anche tre interrogativi che ci fanno comprendere come oggi più di ieri l’unità deve necessariamente prevalere sui conflitti. La storia che stiamo vivendo ci appartiene, è reale e vale più di un’idea spesso sostenuta con meccanismi diabolici, costruita ad arte per avere consensi di parte a svantaggio di altri.
I protagonismi a scapito della collettività procurano lacerazioni, ferite mortali, utilizzano la calunnia per screditare gli avversari. Questo vale a tutti i livelli: nella Chiesa come nella Politica, nella Magistratura come nel mondo dell’imprenditoria.
Questo è il tempo in cui siamo chiamati a remare nella medesima direzione per arrivare al molo e attraccare la nave della Chiesa, oserei dire di tutta l’umanità, nei porti della fraternitá, della giustizia e del bene comune.
Significa essere propositivi e guardare con la speranza cristiana. Il grande Leonardo da Vinci diceva:
Le cose disunite s’uniranno
e riceveranno in sé tal virtù
che renderanno la persa memoria alli omini.
Sappiamo benissimo come siano aumentate a dismisura le situazioni di difficoltà e di sofferenza: povertà, pericolo, insicurezza, sfruttamento del bisogno di tante famiglie da parte degli usurai. Alla base di tutto c’è la grande sofferenza legata ad un enorme deficit di relazioni umane. Questa pandemia è peggiore del virus! Rischiamo di essere travolti ed essere risucchiati dalla spirale dell’odio, dell’inerzia, dal piangersi addosso senza una progettualità seria. La paura e l’incertezza possono danneggiare lo sguardo rivolto al futuro.
Mi risulta che l’Italia è il primo paese in Europa nel consumo del gioco d’azzardo e il terzo nel mondo.
450mila slot machine sparse nel Paese hanno generato una vera e propria industria con il terzo fatturato più alto in Italia, composta da circa di 6.000 imprese del settore, in cui lavorano circa 120mila persone. Il fatturato annuo legale si aggira intorno agli 87miliardi di euro, con una spesa media che si avvicina ai 1.270 euro all’anno, il 10% della spesa degli italiani, compresi i neonati. Il fenomeno è esploso anche sul nostro territorio e in Italia ha raggiunto una raccolta di ben 85 miliardi all’anno, rispetto ai 24 di dieci anni fa. La cosa più triste sono le vittime del gioco d’azzardo: due milioni di italiani a rischio dipendenza, di questi 800mila malati e ben 400mila bambini tra i 7 ed i 9 anni hanno già puntato dei soldi. Diverse famiglie del nostro territorio sono state travolte con conseguenze disastrose.
Insieme siamo chiamati ad operare affinchè nessuno si ritiri in quello che qualcuno ha definito “ghetto” del cuore, culturale e spirituale, di auto-isolamento che dilata le distanze tra gli uomini.
Alla luce di quest’analisi complessiva sento di ripetere ancora una volta di non dimenticare la nostra storia passata: i nostri padri sono stati capaci sempre di reagire e risorgere con orgoglio e determinazione. Non dimentichiamo che veniamo da Matera 2019, quale Capitale europea della Cultura. Non dimentichiamo e rendiamo vivo il desiderio e la determinazione che contraddistingue soprattutto noi cristiani: dopo la passione e la morte c’è la risurrezione. Cristo ha distrutto la morte e la vita ne è uscita vittoriosa.
Abbiamo bisogno di essere visitati dalla Madonna che ci porta Gesù, colui che dà senso alla nostra vita, la riempie di contenuti, la fa navigare verso lidi lontani con la certezza di attraccare nel porto sospirato dove regna la convivenza civile poggiata sull’unica legge che si chiama amore, fraternità, comunione.
E’ il tempo di lanciare segni di speranza con progetti concreti che facciano sentire gli abitanti della nostra città e del nostro comprensorio, di tutta la Lucania, protagonisti e non spettatori. Non basta garantire dei servizi. Il cittadino non deve sentirsi un consumatore, un cliente che riceve determinati servizi. La dignità della persona va rispettata coinvolgendola nel dare il proprio contributo nella crescita spirituale, umana, culturale della comunitá, condizione essenziale perché la solidarietà diventi virtù civica.
Sicuramente di fronte ai problemi della disoccupazione, della incredibile crisi economica, sociale e ambientale che stiamo vivendo, i partiti, le istituzioni, gli esperti hanno delle ricette, delle idee, delle soluzioni da proporre. Come Chiesa abbiamo Cristo. Siamo convinti di una cosa: è lui che manca quando nei nostri giovani non c’è la speranza, è Cristo che manca quando la diffidenza e la cultura del sospetto bloccano lo sviluppo economico delle nostre comunità.
Per questo la Chiesa non può e non vuole tirarsi indietro: disoccupazione, ambiente, sviluppo ci stanno a cuore perché ci sta a cuore l’uomo e non potrebbe essere diversamente. Come Chiesa di Matera-Irsina, in questo tempo abbiamo promosso, attraverso la Pastorale Sociale del Lavoro e la Caritas Diocesana, una serie di incontri che hanno visto coinvolti tra giovani e meno giovani una trentina di persone. Abbiamo maturato insieme queste due iniziative:
1. Per non rimanere prigionieri in forme di assistenzialismo come se fossimo sempre in emergenza (aiuto che non è mancato e non mancherà), la nostra Arcidiocesi, per il tramite della Caritas Diocesana, istituisce un Fondo di sussidiarietà per la ripartenza, che si ispira ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa, pari ad €. 120.000,00 a favore delle Aziende come segno di vicinanza in questo momento di difficoltà economica a causa dell’attuale emergenza COVID-19.
Il FONDO di SUSSIDIARIETA’ PER LA RIPARTENZA nasce con lo scopo di offrire alle aziende un aiuto economico a sostegno di spese urgenti e non procrastinabili. Questo é possibile grazie anche ai confratelli sacerdoti che hanno contribuito con 60.000,00 euro.
L’obiettivo del Fondo è sostenere le “micro e piccole imprese, aziende artigianali e quelle agricole” (n.339 Compendio DSC) che ricadono nel territorio diocesano che a causa dell’attuale emergenza sanitaria si trovano in difficoltà economica. E’ una goccia nell’oceano, direbbe S. Teresa di Calcutta, ma se la goccia non ci fosse l’oceano risulterebbe mancante.
2. Come Pastorale Sociale del Lavoro rivolgiamo un invito, in special modo ai professionisti, ai consulenti, agli esperti di ogni settore: vogliamo creare insieme una banca ore di consulenze gratuite da offrire ai giovani che vogliano provare ad intraprendere, a credere e scommettere sul loro domani.
Vogliamo essere Chiesa che sa mettersi in ascolto dei sogni e delle speranze, che sa educare le proprie comunità all’ascolto: è questo che chiediamo ai consulenti e agli esperti che vorranno aiutarci. Impariamo tutti insieme a metterci in ascolto dei giovani, a offrire opportunità e proporre occasioni. Proviamo a scommettere tutti insieme sui loro talenti, sulla loro creatività. È l’ora dell’ascolto. Non è più l’ora di investire noi sul loro futuro, è l’ora di metterci noi a servizio del loro presente.
Ai giovani diciamo: abbiamo bisogno di voi, del vostro protagonismo. Vogliamo tracciare insieme strade nuove: con i giovani della pastorale sociale ne abbiamo immaginata una, chiamata “Buon lavoro”. Trovate tutte le informazioni sul sito della diocesi. Scriveteci, raccontateci i vostri talenti, la vostra idea di futuro, le vostre paure. Incontriamoci: il 28, il 29 e il 30 settembre daremo il via ad un’esperienza residenziale per conoscerci meglio, per superare insieme le paure e le solitudini che troppo spesso annichiliscono i vostri sogni.
Chiudo, facendo nostre le parole di Papa Francesco: «Preghiamo oggi per i governanti che hanno la responsabilità di prendersi cura dei loro popoli in questi momenti di crisi», per i «Capi di Stato, presidenti di governo, legislatori, sindaci, presidenti delle Regioni perché il Signore li aiuti e dia loro forza perché il loro lavoro non è facile». E ancora: «E che quando ci siano differenze tra loro capiscano che nei momenti di crisi, devono essere molto uniti per il bene del popolo. Perché l’unità è superiore al conflitto».
Presento tutti voi, autorità civili e militari, ai piedi della Madonna della Bruna, ringraziando il Signore per quanto avete fatto, con determinazione, amore e passione, soprattutto in questo tempo di pandemia, augurando a voi che ci amministrate, di scoprire sempre di più quanto diceva Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze: «La vocazione politica è una forma alta di carità».
Di una cosa sono certo: insieme risorgeremo, da soli ci perderemo.