Venerdì 6 ottobre alle 18.30 , presso la sede del Circolo Radici in piazza Vittorio Veneto 34 a Matera, si terrà la presentazione dell’ultimo romanzo di Antonello Di Pinto “Archangel”, edito dai tipi di Armando Curcio. Antonello Di Pinto è una personalità eclettica e poliedrica; è un pittore, un critico ed esperto d’arte e si divide tra Lavello (sua città natale), Madrid e Barcellona, è anche un intercettatore di capolavori d’arte, l’ultimo dei quali è l’Ecce Homo di Caravaggio, ritrovato da lui in una casa d’aste di Madrid, erroneamente attribuita a Jusepe de Ribera, detto Lo Spagnoletto. Nel 2021 Vittorio Sgarbi, suo amico e collega, gli chiede di scrivere un capitolo sul suo libro “Ecce Caravaggio”. Di Pinto è anche uno scrittore di romanzi, oltre che di testi d’arte, e l’ultima sua creatura è “Archangel” che presenterà presso il Circolo Radici intervistato da Nicola D’Imperio Avvincente e coinvolgente, è uno di quei libri che non smetti di leggere per l’impellente bisogno di conoscere il seguito di quanto hai appena letto, e, quando sei arrivato alla fine, ti dispiace che sia finito. È un romanzo giallo, un thrilling, o, se vogliamo, un noir, ambientato nei bassifondi di una Roma attuale e poco conosciuta intrisa di violenza, di droga, di sesso, di miserie umane. Ma questi elementi non sono posti a dare colore alla storia di Gennarino Amore in modo afinalistico, sono inseriti sapientemente al momento opportuno per mettere in risalto il personaggio principale, l’ambiente in cui vive, il suo dramma personale, che, pur se si svolge in un quartiere degradato di Roma, potrebbe svolgersi in qualsiasi angolo del mondo, assumendo così una valenza universale. Sono estremamente efficaci le descrizioni dei luoghi, delle cose, dei personaggi che vengono esaminati col rigore scientifico di un Autore che è avvezzo all’analisi particolareggiata di un dipinto per riconoscerne la paternità ed interpretarne la sua storia. Elemento essenziale è il realismo e il linguaggio, spesso crudo e forse criticabile dai perbenisti, ma attuale, popolare, privo di formalismi ed ipocrisie, indispensabili per fare immergere il lettore in quella Roma emarginata, degradata e violenta che è poco conosciuta. Ma ancora più efficaci sono le descrizioni delle sensazioni, dei sentimenti, delle paure, dei dubbi dell’animo umano, da cui emerge nuovamente un Autore dedito alla ricerca, e questo lo fa, con dovizia di particolari, attraverso l’analisi introspettiva dei suoi personaggi. La cruda realtà del romanzo è immersa in un’atmosfera onirica, sospesa tra il cielo, la terra e gli inferi, popolata da figure fantastiche di angeli che emanano luce e fragranze celestiali e di demoni dagli scalpitanti piedi di capra e dall’odore nauseabondo e pestilenziale di stalla, di zolfo e di feci. È insomma uno strano e ben riuscito connubio tra la violenta realtà terrena e quella soprannaturale.
Sospeso tra questi elementi è il protagonista, Gennarino Amore, un gigante buono, a suo modo giusto e generoso, che combatte il male in modo insensato, e lo fa sgozzando i malvagi con le sue sole mani, o facendo loro schizzare all’aria il cervello usando un fucile di precisione. Gennarino Amore, a sua volta vittima del male perché gli hanno stuprato e ucciso moglie e figlia, con la ragione alterata dal grande dolore, si immedesima in una sorta di arcangelo giustiziere che trafigge con la spada il demonio, il drago, il male, lo stupratore. Gennarino Amore immola la sua onestà su un unico altare dedicato insieme alla sua giustizia e alla sua vendetta. Questo romanzo non è la semplice descrizione di una triste storia, come tante che accadono quotidianamente nel nostro Paese, ma, badate bene, questo libro è anche una provocazione, bisogna leggere tra le righe! Non poteva uno come Antonello Di Pinto, uno studioso, un ricercatore che dagli infinitesimi particolari riesce ad attribuire l’”Ecce Homo” a Caravaggio invece che a Lo Spagnoletto, scrivere una ormai oggi banale storia violenta intrisa di tutti i mali della nostra società, come le storie di tanti film di successo che attraggono fortemente il pubblico. È un atto di denuncia, di scoperta, di studio delle pieghe dell’animo di chi ha subito un forte trauma e non ha avuto alcuna Giustizia. Sono proprio alcuni di coloro che amministrano la Giustizia ad essere chiamati in causa perché a fronte di alcune loro inadempienze, alla mancata identificazione dei veri colpevoli di un grave reato, dovrebbero considerare che l’uomo può reagire in modo estremamente diverso in relazione al suo essere, alla sua formazione, alla sua cultura, alla sua forza fisica e psichica, al suo autocontrollo, alla sua morale. Ci sono i miti, i credenti, i razionali, quelli che credono nelle Istituzioni, che combattono in maniera civile e, all’estremo opposto, ci sono quelli come Gennarino Amore, semplici, non credenti, dotati di una cultura elementare, ma di intelligenza e di forza fisica, che, avendo perso fiducia nelle Istituzioni, decidono di farsi giustizia da soli: col loro comportamento questi ministri della Giustizia hanno la responsabilità di fare affiorare in questi ultimi l’istinto primordiale di una vendetta che essi ritengono giusta. Si ribadisce che questo messaggio è rivolto unicamente a quei magistrati che per non correre rischi, oppure per altri interessi personali, o per superficialità, non amministrano la vera Giustizia, non ricercano i veri colpevoli, e creano, nelle persone care delle vittime, reazioni che possono sfociare in paradossi come quello di Gennarino Amore. A nutrire la speranza affinché episodi come quello descritto in Archangel non accadano ci sono i tanti giudici che si impegnano quotidianamente nella ricerca della Giustizia e della verità, e per fortuna sono la maggioranza, e coloro, come Falcone, Borsellino, Livatino e tanti altri, che hanno dato la vita per assolvere al loro dovere. Insomma non è il solito romanzo giallo scritto solo per trasferire emozioni ai lettori, “Archangel” va ben oltre, è uno spaccato della nostra società, denuncia le ingiustizie a cui alcuni sono sottoposti, parla, in modo paradossale e quindi inaccettabile sul piano logico, pratico e morale, della lotta eterna del bene contro il male, parla di un mondo impalpabile che circonda il mondo reale e riesce a trasmetterti pathos e commozione quando leggi il finale che non è quello che vorresti. Il Circolo Radici è fermamente convinto che la strada maestra da percorrere non sia quella della violenza e della vendetta, ma della giustizia e dell’impegno sociale.