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Marcello Cozzi il 22 all’Itcg Loperfido Olivetti di Matera con il suo libro “Uno così”

Arriva a Matera il libro che sta facendo parlare l’Italia. Venerdì 22 novembre, alle ore 10.00, Marcello Cozzi, autore di “Uno così” (Giovanni Brusca si racconta), edito da San Paolo, incontra gli studenti dell’Itcg Loperfido Olivetti nell’aula magna della scuola, in Via Moro n.28.

Il confronto dei giovani con il sacerdote lucano da anni impegnato nella lotta alle mafie, nell’educazione alla legalità, già vicepresidente nazionale dell’associazione “Libera”, rientra nel piano di Educazione civica dell’Istituto diretto dalla prof.ssa Antonella Salerno.

Cozzi, anche a Matera, si esporrà alle valutazioni su un libro che, sin dalla sua uscita, ha suscitato discussioni e polemiche. L’autore, infatti, ha dato voce a Giovanni Brusca, tra i più spietati mafiosi, responsabile, direttamente o indirettamente, di oltre 150 omicidi. L’uomo che fece saltare in aria Giovanni Falcone, che sciolse nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo.

Questa volta i lettori sono gli studenti dell’Itcg Loperfido Olivetti, che, negli ultimi mesi, hanno analizzato i dialoghi tra Brusca e Cozzi riportati nel volume, senza remore e con lo spirito di capire e interrogarsi su pagine dolorose della storia italiana. Un racconto dai toni forti, aspri, quello di Cozzi, un viaggio fatto da demoni e tragedie, che si può ascoltare, leggere o, invece, rifiutare, ritenendo le nefandezze mafiose solo da dimenticare e da far cadere nell’oblio. Gli studenti dell’Itcg e gli insegnanti che li hanno seguiti, hanno ritenuto che la cosa giusta sia quella di esaminare la proposta letteraria, nel massimo rispetto di tutte le vittime del carnefice, ricavandone così informazioni utili alla formazione civica. Attraverso la conoscenza di fatti dolorosi e dei rispettivi responsabili ci si può fare un’idea di che cosa sia la criminalità organizzata e di chi ne disegna le trame che la rendono potente. Del resto, come scrive Cozzi, “incontrare un assassino non è assecondare, non è cedere alla pratica rassicurante della pacca sulle spalle, né lasciarsi trascinare in quel terreno così scivoloso e ambiguo dove spesso si annulla ogni confine fra la doverosa richiesta di giustizia e l’ancor più doveroso riconoscimento di un senso di umanità nel nome del buonismo che alla fine nulla ha a che fare né con l’una né con l’altra”.

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