Nel 1898 un fatto apparentemente banale si rivelò di straordinaria importanza: Secondo Pia, un avvocato torinese, incaricato di fotografare la Sindone, per la prima volta, dopo aver esaminato le lastre di vetro, scoprì che l’immagine aveva le caratteristiche di un negativo fotografico con i chiari e scuri invertiti rispetto alla realtà.
Di conseguenza, l’immagine umana impressa sulla Sindone doveva il frutto di un’esplosione luminosa… Grazie a questa inattesa e sorprendente scoperta, presero il via gli studi scientifici di sindonologia.
Novant’anni dopo, nel 1988, il telo sindonico fu sottoposto all’esame del carbonio 14, datandolo all’origine del Medioevo.
Tale conclusione, contestata fin dall’inizio, è ritenuta errata da gran parte del mondo scientifico: l’esame non ha tenuto conto delle varie contaminazioni subite dall’a Sindone.
Inoltre, l’intenso calore provocato dall’incendio del 1532, all’interno della Sainte-Chappelle di Chamberry, avrebbe alterato e ringiovanito l’età del telo sindonico.
Nel 2002, la Sindone è stata collocata in posizione piana all’interno di una teca antiproiettile a tenuta stagna, priva di aria e con temperatura e umidità costanti.
Ma perché la Sindone si trova a Torino?
Diciamo subito che ci sono testimonianze che, dopo la morte di Gesù, la Sindone fu preservata e venerata dai cristiani con gelosia.
Addirittura la storia ci dice che nel V-VI secolo nella città di Edessa (oggi Urfa) fosse conservato un ritratto di Gesù non fatto da mani d’uomo, chiamato Mandylion e impresso su tela, che venne trasferito nel X secolo a Costantinopoli.
La storia ci dice ancora che Costantinopoli venne saccheggiata la Sindone fu portata ad Atene, che era stata conquistata dai francesi.
Intorno al 1350 la Sindone arrivò in Francia e fu collocata nella chiesa dell’Annunciazione a Lirey, vicino a Parigi.
Divenuta proprietà dei Savoia, nel 1502 venne trasferita nella Sainte-Chappelle all’interno del castello di Chamberry.
Nel 1562, il duca di Savoia Emanuele Filiberto trasferì la capitale del ducato da Chamberry a Torino.
Quindi nel 1578 giunse a Torino anche la Sindone.
Tra la Cattedrale ed il Palazzo Reale nel 1667, i Savoia fecero costruire una cappella per costruirla degnamente.
Nel 1939 la Sindone venne trasferita e nascosta nell’Abbazia di Montevergine, presso Avellino, dove rimase fino al 1946.
Ma il telo sindonico fu messo in serio pericolo nel 1997, a causa di un incendio scoppiato nella cappella Guarini della cattedrale di Torino, dove è ancora conservato: un pompiere riuscì a salvarlo miracolosamente.
L’anno successivo la Sindone fu posta in una teca orizzontale.
Cosa si vede?
L’immagine di un uomo alto un metro e ottanta centimetri, disposto orizzontalmente dalla testa ai piedi: questa è la doppia impronta che si vede chiaramente sul telo della Sindone.
L’impronta del corpo è di color seppia, mentre le varie macchie rossastre sono dovute alla presenza delle ferite insanguinate.
L’immagine frontale mostra un volto con capelli lunghi, barba e baffi, macchie di sangue sono visibile sui capelli e sul viso.
I tratti del volto sono funestati da lesioni, in particolare spicca la deviazione del setto nasale, che pare abbia subito una bastonata.
Sugli occhi si notano due impronte circolari corrispondenti a due monete romane – una delle quali coniata al tempo dell’Imperatore Tiberio – usate per tenere chiusi gli occhi (come si usava ai tempi di Gesù).
Infine le due braccia si incrociano con la mano sinistra appoggiata sul polso destro.
L’immagine dorsale mostra rivoli di sangue scendere dalla nuca verso il collo.
Impressionano i numerosissimi segni di flagello che ricoprono la schiena e le gambe fino alle caviglie.
Infine, la figura dorsale mostra anche i piedi: su quello destro si vede chiaramente la ferita di un chiodo.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la Pastorale Scolastica