"La moto e la kickboxing non sono sport per donne. Non sono in grado". Anche la palestra Dynamic Center in piazzetta Vivaldi a Matera ospita il cartellone di "Più Sicura", un laboratorio di arti marziali e psicologia della difesa personale promosso dall'Accademia di...
“Se ci pensi gli occhi prima del tempo / potevano essere delle stelle / del creato o un arcate sottilissimo da cui Dio soffiò il primo vento / sto parlando dei miei occhi e dei tuoi / c’era il buio, di certo non ricordi / quel sonno infinito scosso un po’ dai nervi / quella luce stizzita sopra il niente / eppure la memoria punge, puoi / accorgertene quando aguzzi le pupille / quando ogni presenza si rinserra / nel tuo campo visivo e tac: vive. / Eravamo stelle – di paura prive – / che cercavano il principio della terra.”
L’intimismo è una costante del libro Le età del bosco (Interno Libri Edizioni) di Vincenzo Corraro, un vero e proprio racconto in versi. Una sfida audace e ambiziosa, quella dell’Autore, che dà al lettore il privilegio di immergersi in un testo che è un continuo disvelamento.
Il periodare è complesso, e avvolge temi ricorrenti – l’infanzia, il paese, la fascinazione per le diverse espressioni della natura, per le sonorità di uno spazio poco abitato. Le due parti (Quel che resta e Mattinale) nelle quali è suddivisa la silloge scandiscono anche differenze di approccio: nella prima, con una radicale ricerca degli elementi primi, la geografia del paesaggio si sovrappone a quella dell’anima; nella seconda si affaccia la presenza dell’umano, con tutta la sua inadeguatezza rispetto al mondo in uno sconfinamento dove il tempo si annulla e la forma della realtà finisce per essere una tensione, il peso che rimane sulla terra.
“Ci sono parole solcate da crepe un po’ più intime. – scrive Corraro – Schivano e intimoriscono la nostra anima, perché sono legate ai profondi significati che la vita di ognuno porta in sé. Riscoprirle, dare loro una forma crea l’illusione che il tempo sia fermo da qualche parte, e con esso anche noi.
La poesia apre un varco nell’animo, talvolta implica domande e risposte; intercetta il segreto delle cose, nel vano tentativo di farle quadrare. Si muove ai margini di tutto, sino a creare un moto in sincrono con i sentimenti della lontananza. O della mancanza. Sa farsi paesaggio, spina di ragionamento; disarmonia necessaria fra ciò che siamo e quel grumo di immagini che la memoria si preoccupa di riorganizzare in disparte, come traccia di una vita dove in fondo siamo già stati.
Negli anni, i tanti frammenti di questa fragile ricomposizione inevitabilmente si accumulano. Il lontano e lo spazio naturale diventano il contrappunto di una esperienza che mira ad essere una risonanza delle sensazioni vissute o di certi luoghi interiori – inafferrabili eppure così vivi, pulsanti. Quanto più il distacco è grande, tanto più il profilo dell’orizzonte si fa chiaro, pur rimanendo inestricabile e affollata la dimensione dell’indicibile.”
Tutto il talento dell’Autore e la sua capacità di spaziare tra generi letterari sono confermati in questa sua nuova Opera.
Vincenzo Corraro (1974) è nato e vive a Viggianello, in Basilicata. Ha pubblicato i romanzi Sahara Consilina (Palomar 2005) e Il tempo nascosto tra le viole (Besa Muci 2022), le raccolte di racconti Dimmi che c’entra la felicità (con Margi De Filpo, Ensemble 2016) e La fine dell’acqua (Les Flâneurs 2022). Altre sue storie sono inoltre comparse in diverse antologie e riviste letterarie.
Rossella Montemurro