Che sia un tradimento, una passione o una malattia, la penna di Mauro Covacich disseziona, analizza, si insinua tra quelli che possono essere problemi, opportunità, aspettative. Accade anche nel suo ultimo romanzo, L’avventura terrestre (La Nave di Teseo). Il protagonista è uno scrittore cinquantenne ossessionato da un fastidioso acufene, un rumore di fondo che non lo abbandona mai rendendogli la vita difficoltosa. Convinto che possa essere causato da un tappo di cerume si rivolge a un otorino che però gli prescrive approfondimenti diagnostici, ventilando l’ipotesi di una neoformazione. L’attesa della risonanza magnetica è, ovviamente, angosciante per lui e per la compagna; una tortura amplificata dalle ricerche spasmodiche – che aumentano le sue preoccupazioni – fatte online. I giorni sembrano non passare mai, i pensieri si rincorrono in un rimuginio che lo porta ad analizzare vari modi per togliersi la vita prima della risonanza magnetica, fino a dirsi che, comunque, nessuno si uccide prima dell’esito di un esame diagnostico. Lo spettro di una fine potenzialmente vicina lo costringe a fare i conti, controvoglia, con tutti i fili sospesi della sua esistenza, rancori, desideri, bugie. A complicare le cose, ci sono le mail di una giovane madre alla quale lui a un certo punto ha commesso l’errore di rispondere.
Digressioni, ricordi, pensieri sulla morte, Kafka e una figura che sconcerta e che appare ormai da anni in alcuni momenti cruciali della sua vita, il camminante – una visione, un’allucinazione?
“Da dove è saltato fuori questo vecchio che mi osserva mentre scopo? Come ha fatto a entrare nella cabina? Perché quel maledetto guardone mi dice che mio padre morirà presto, quando è evidente a tutti che è in piena forma? Perché mi appare così all’improvviso? Ho le visioni? Ho preso troppo sole? To’, eccolo che cammina non so dove, sembrerebbe un bosco, si siede ai piedi di un albero e infila la sua testa spelacchiata in un sacchetto di plastica. Prima che il nylon si appanni, cerco di indovinare il movimento delle labbra. Forse devo smetterla con questa vita da bagnino e concentrarmi sullo studio. No, no, no, stupido idiota, tutto il contrario! Devi restare lì, costruirti una capanna, nuotare, pescare, asciugarti sugli scogli. Persuasione, persuasione, non retorica! Ma il ragazzo non ci sente, a udito sta messo peggio di lui”.
Attraverso le peripezie di due vite destinate a incontrarsi, in una Roma gloriosamente indifferente ai destini umani, Mauro Covacich costruisce un eroe che affronta a viso aperto le sconfitte e le vittorie, scoprendo le une dentro le altre. In un romanzo che si legge come un’imprevedibile avventura tragicomica, finisce forse per svelare qualcosa di sé, rivelando sicuramente moltissimo di noi, grazie a una scrittura dotata di una nuova, sorprendente libertà.
Mauro Covacich (Trieste, 1965) è autore della raccolta di racconti La sposa (2014, finalista premio Strega) e di numerosi romanzi. Presso La nave di Teseo ha pubblicato in una nuova edizione il “ciclo delle stelle”, A perdifiato (2003), Fiona (2005), Prima di sparire (2008), A nome tuo (2011, da cui Valeria Golino ha tratto il film Miele), La città interiore (2017, finalista premio Campiello), Di chi è questo cuore (2019), Colpo di lama (nuova edizione 2020) e il saggio Sulla corsa (2021). Nel 1999 l’Università di Vienna gli ha conferito l’Abraham Woursell Award. Vive a Roma.
Rossella Montemurro