La tortura è ancora molto diffusa, ancora oggi.
Immaginate che in molte nazioni esistono persone che inventano strumenti e tecniche per torturare gli altri.
Al tempo di Gesù era normale.
Ed una delle torture più crudeli era la flagellazione, infatti era la tipica punizione riservata agli schiavi.
I Romani usavano come flagello una frusta formata da molte strisce di cuoio.
Alla estremità di ogni striscia annodavano pezzi d’osso di morti.
Legavano il condannato a qualche sostegno basso, in modo che stesse chinato e lo colpivano fino a scarnificarlo e, spesso, fino ad ammazzarlo.
Anche Gesù fu torturato prima di essere ucciso.
La storia ci dice che in tempi molto antichi c’era l’usanza di “impalare” i cadaveri dei nemici.
Sempre la storia afferma che l’atto di appendere ad un palo disonora il morto e attira su di lui la maledizione divina.
Da questo genere di supplizio deriva la crocifissione.
Persiani, Fenici, Alessandro Magno usarono spesso crocifissioni in massa.
Un romano beneducato “la crocifissione”, il più crudele e terribile dei supplizi.
Ad onta della buona educazione, i romani si servivano di una certa frequenza della crocifissione per garantire l’ordine e la pace nelle province.
Solo nel 71 a.C. i seimila schiavi della ribellione di Spartaco vennero crocifissi lungo la via Appia.
Una croce ogni cinquanta passi.
Una crocifissione non era uno spettacolo infrequente, ma la gente “si divertiva” sempre.
I Vangeli ci dicono che un corteo di curiosi accompagnò Gesù verso il luogo delle crocifissioni.
Una tavoletta di legno appesa al collo del condannato spiegava a tutti il nome, la provenienza e la causa della condanna.
Il luogo delle esecuzioni sorgeva appena fuori di Gerusalemme.
Era uno spuntone di roccia glabro e arrotondato che ricordava nella forma un cranio.
Per questo l’avevano chiamato “Golgota”, il “cranio”.
Gesù venne spogliato.
I soldati lo scaraventarono brutalmente a terra.
Le sue braccia furono allargate e inchiodate alla trave orizzontale della croce.
I chiodi vennero conficcati nei polsi.
Poi i soldati sollevarono la trave orizzontale, con Gesù appeso, lungo il braccio verticale della croce che era già stato saldamente piantato nel terreno.
A questo punto inchiodarono il cuneo di legno su cui il condannato avrebbe potuto appoggiarsi, sovrapposero i piedi del crocifisso e con alcuni decisi colpi di martello conficcarono il terzo chiodo.
Per Gesù cominciò la lunga, straziante agonia.
Lo spettacolo era finito.
La gente sfollò lentamente.
Sul “cranio” restavano le sentinelle romane, i testimoni del sinedrio, la madre di Gesù.
Così morì Gesù, mentre i sacerdoti del tempio si preparavano a celebrare le grandi funzioni della Pasqua.
Pilato faceva piani per i suoi collaboratori e l’imperatore Tiberio a Capri.
I soldati romani e gli uomini del Sinedrio si assicurarono che Gesù fosse morto spaccandogli il cuore con una lancia.
Alcuni amici di Gesù presero il suo corpo e lo seppellirono in uno dei sepolcri nuovi scavati nella roccia.
I delegati del Sinedrio si preoccuparono solo che l’imboccatura della tomba fosse rotolata una enorme e pesante pietra e, per puro scrupolo, lasciarono qualche sentinella.
Pensavano proprio di aver messo una pietra su tutta la faccenda.
E invece era solo l’inizio.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica