“Questo libro mi ha aiutata sicuramente a placare la sindrome da sopravvissuta con cui convivo, ma mi ha reso ancora più consapevole del futuro in cui voglio vivere.”
Sono le parole scelte da Pegah Moshir Pour – consulente e attivista dei diritti umani e digitali, fortemente impegnata nella difesa dei diritti civili delle donne in Iran e nel contribuire a cambiare il clima culturale, premiata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – per spiegare il senso del suo libro, La notte sopra Teheran (Garzanti) nel quale attinge a piene mani dai ricordi d’infanzia. Un libro in linea con la sua personalità e la sua mission: senza mai esagerare né alzare la voce, impone la sua delicatezza per tener vivo in Italia il dibattito sui diritti delle donne iraniane. Il suo sguardo rivolto al passato, partendo dall’infanzia – perché La notte sopra Teheran nasce dalla sua storia personale – accompagna il lettore tra le abitudini, le consuetudini, i colori e i sapori di una capitale con 12 milioni di abitanti distribuiti su un diametro urbano di 50 chilometri.
Alla dolcezza vissuta in famiglia, con genitori amorevoli – basti pensare che quando Pegah è nata all’atteggiamento sprezzante dell’infermiera, “è una femmina”, il papà rispose stringendo al petto la bambina e dandole quel nome, “aurora” – e con una mentalità aperta e cosmopolita fa da contraltare l’integralismo e l’intransigenza che si respira fuori da casa.
Pegah cresce insieme alla cugina Setareh. Sono nate a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, festeggiano il compleanno lo stesso giorno: entrambe sono state registrate all’anagrafe come se fossero nate il 12 settembre, in quanto “chi nasce dopo il 15 settembre non può iscriversi a scuola insieme ai bambini del suo anno, perché quando comincia non ha ancora compiuto sei anni”. Cento invitati per la festa e decine di portate sotto gli sguardi di Pagah e Setareh che si capiscono al volo, come sorelle. È proprio per la bellezza e la singolarità del loro rapporto stretto che Pegah, quando la sua famiglia decide di trasferirsi in Italia, non vuole partire: non vuole separarsi da Setareh. Soltanto in Italia, però, con la giusta distanza, l’Autrice riesce a cogliere tutte le zone d’ombra dell’Iran e a comprendere quanto sia diventato pericoloso, per le donne, vivere lì. Ma Pegah non vuole, non vuole separarsi da sua cugina Setareh.
Quando Pegah perde le tracce di Setareh, capisce che c’è qualcosa che non va. Forse deve mettersi in viaggio e andare a cercarla. Deve riportarla a casa: da qui il prologo di un libro scritto benissimo, un esordio intenso e ricco di spunti: “Mentre scrivevo e mi guardavo indietro e dentro, ho capito quante battaglie ho iniziato e portato avanti, quante vite, intorno a me e non solo, ho toccato: da quando ho nove anni parlo di lingua, cultura e religione diverse; da quando ho quindici anni parlo di cittadinanza ed europeismo; da quando ho diciannove anni parlo di empowerment femminile e dell’importanza di valorizzare la propria diversità; da quando ho ventiquattro anni parlo di violenza di genere e discriminazione digitale”.
A una prima parte più sentimentale segue una seconda parte più frenetica, sulle tracce di Setareh in un contesto tragico nel quale le donne non hanno diritti.
Una curiosità: non mancano i riferimenti a Matera e a Potenza, città, quest’ultima, nella quale Pegah ha vissuto.
Pegah Moshir Pour è nata in Iran nel 1990 e si è trasferita in Italia con la famiglia quando aveva nove anni. È cresciuta tra le storie del Libro dei Re e i versi della Divina Commedia. Oggi è consulente e attivista per i diritti umani e digitali. Racconta l’Iran su «la Repubblica» ed è una delle più importanti voci nella battaglia per l’emancipazione delle donne iraniane e non solo. Punto di riferimento a livello istituzionale e mediatico sul tema dei diritti umani, promuove il valore della diversità e dei third culture kids in Italia.
Rossella Montemurro