“Mia madre voleva che avessi paura di quella ragazzina sporca per costringermi a non parlarle. Per questo mi aveva riferito del fratellino precipitato di sotto, e mi aveva anche detto di quando la compagna di banco della Malnata si era messa a urlare nel bel mezzo di un dettato e aveva sbattuto la fronte sul banco, ancora e ancora, fino a rovesciare il calamaio con l’inchiostro e farsi sanguinare una tempia, mentre dalla bocca le colava la saliva. E di quando la riga di legno che la maestra aveva usato per picchiare la Malnata si era spezzata, ficcandosi nella carne tra indice e pollice e il sangue era schizzato sulla cartina dell’Italia. La ferita si era infettata e la maestra aveva rischiato di non poter mai più scrivere nulla alla lavagna.”
É stata paragonata a Elena Ferrante e Joyce Carol Oates: la scrittrice Beatrice Salvioni con La malnata (Einaudi) è uscita in contemporanea con l’edizione italiana in Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Turchia, Bulgaria e, a breve, anche Stati Uniti e Germania. È in corso di traduzione in 32 lingue ed è un esordio che ha un impatto devastante grazie a due protagoniste con una rara forza letteraria: Francesca, l’io narrante, e la Malnata – chiamata da tutti così per la scia di disgrazie che si porta dietro e che, vox populi, pare sia stata lei a causare. Mentre Francesca è una dodicenne assennata, figlia unica di una famiglia borghese, la Malnata sembra una ragazzina randagia che trascorre le sue giornate in compagnia di due adolescenti sulle rive del Lambro. Sporca, abituata a rubare e a vivere di espedienti, viene additata dalla gente, un continuo rumore di fondo che amplifica la sua “fama” senza darle la possibilità di redimersi. Su Francesca ha un fascino strano, sogna di diventarle sua amica nonostante tutti in città la considerino una che scaglia maledizioni, e la disprezzino chiamandola appunto Malnata. Maddalena, questo il suo nome, non ha paura di niente e nessuno, cammina a testa alta, gioca con i maschi, sfida apertamente gli adulti, indifferente a qualsiasi critica o maldicenza. Per entrare nelle sue grazie Francesca non esita a superare una “prova”, rubare delle ciliegie, e da lì sarà l’inizio di un’esistenza parallela, coperta in famiglia dalle bugie e dai sotterfugi per poter correre da Maddalena.
“Da una parte c’era la vita come la conoscevo, dall’altra come me la mostrava la Malnata. E quello che prima mi pareva giusto diventava deforme come il riflesso nell’acqua del lavabo quando ti sciacqui la faccia. Nel mondo della Malnata si gareggiava a farsi graffiare dai gatti e il dolore si leccava via insieme al sangue. Era un mondo in cui non si poteva giocare a far finta di essere qualcosa che non eri e si parlava coi maschi guardandoli negli occhi.
Lo osservavo ferma sull’orlo, il suo mondo, pronta a scivolarci dentro. E non vedevo l’ora di cadere”.
Sullo sfondo della guerra di Abissinia, del dolore per la perdita e degli scompigli dell’adolescenza, Francesca impara con lei a denunciare la sopraffazione e l’abuso di potere, soprattutto quello maschile, nonostante la riprovazione della comunità.
Con uno stile delicato e pungente al tempo stesso, quello della Salvioni è un coinvolgente romanzo di formazione, bello e allo stesso tempo di una durezza marcata, in una provincia padana oppressa dal controllo, dal sessismo e dalla violenza del Ventennio.
L’autrice (Monza, 1995), ha praticato scherma medievale e ha scalato il Monte Rosa. Nel 2021 si è diplomata alla Scuola Holden e ha vinto il Premio Calvino racconti.
Rossella Montemurro