«L’età fragile non è un’età della vita, è la vita stessa. La memoria che non può nascondere il dolore, la solitudine dopo la separazione, la colpa per la sopravvivenza. La vita dura come un sasso che Donatella Di Pietrantonio riesce a levigare con le mani sicure della sua scrittura. L’età fragile è la storia di una famiglia sospesa nel segreto del trauma, parole mai dette rinchiuse nel cuore di una montagna d’Abruzzo che è insieme psiche e paesaggio. L’età fragile è il romanzo di una madre che non trova respiro, stretta tra la severità del padre e il silenzio della figlia. Un libro che raccontando il dolore lo cura, perché a scriverlo è una donna che conosce il miracolo delle parole e il sangue delle ferite. Per questo è il mio candidato al Premio Strega.»
Con queste parole Vittorio Lingiardi ha proposto la candidatura del romanzo di Donatella Di Pietrantonio, L’età fragile (Einaudi), alla LXXVIII edizione dello Strega, uno dei premi letterari più importanti della Penisola. Con 189 voti, la Di Pietrantonio il Premio promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e dal Liquore Strega lo ha vinto insieme al Premio Strega Giovani.
La fragilità è una costante in questo libro particolare, molto introspettivo e malinconico, che vede centrale, quasi un perno degli altri personaggi, la figura di Lucia. È una fisioterapista separata, figlia di un uomo burbero e madre di una universitaria, Amanda. La decisione/imposizione del padre che vuole sia lei ad occuparsi del Dente del Lupo – un terreno di famiglia legato a una brutta vicenda di cronaca accaduta anni prima, che fa gola agli speculatori edilizi – coincide con il ritorno di Amanda da Milano, agli albori della pandemia. La ragazza, che era fuggita da quel paesino vicino Pescara, è rientrata spenta, taciturna. Trascorre le giornate chiusa nella sua camera ed esce solo nei giorni in cui va a lavorare in un bar. Lucia intuisce che qualcosa non va, eppure non riesce a capire cosa, a decifrare quel mistero che è diventata sua figli. Sempre più preoccupata, si ritrova a ripercorrere la sua di giovinezza, tutt’una con Doralice.
In quel terreno che il padre vuole darle si vedono ancora i resti di un campeggio dove tanti anni prima avvenne un fatto terribile: proprio lì, quando una Lucia ventenne lavorava con Doralice, furono rinvenute i corpi di due giovani turiste modenesi. Doralice quella notte era scomparsa con loro, e fu l’unica a salvarsi.
Ed è sotto a quella montagna che Lucia ha sempre cercato di dimenticare, tra i pascoli e i boschi della sua età fragile, tutti i fili si tendono.
“Eravamo giovani, ma non invincibili. Eravamo fragili. Scoprivo da un momento all’altro che potevamo cadere, perderci, e persino morire.”
La fragilità, la vulnerabilità, le scelte obbligate che la vita ti porta a compiere: Donatella Di Pietrantonio descrive tutto in maniera chirurgica, illuminando con una prosa per niente scontata, quelle zone buie della psiche dei protagonisti.
“La prima idea di questo romanzo mi ha colta nel 2021, mentre viaggiavo verso Roma con Donato Cavicchia. Era una giornata limpida, le montagne coperte di neve. Ci siamo ricordati di un vecchio episodio di cronaca, avvenuto sulla Maiella. Quel ricordo confuso mi è rimasto addosso, non mi ha più lasciata. È diventato altro. Sono grata per il riserbo di chi non mi ha incontrato ma mi è stata silenziosa, invisibile guida”, scrive l’Autrice.
Donatella Di Pietrantonio vive e lavora a Penne, in Abruzzo. Con L’Arminuta (Einaudi 2017, tradotto in piú di 30 Paesi) ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Campiello, il Premio Napoli e il Premio Alassio. Per Einaudi ha pubblicato anche Mia madre è un fiume (prima edizione Elliot 2011), con cui ha vinto il Premio Tropea, Bella mia (prima edizione Elliot 2014), con cui ha partecipato al Premio Strega 2014 e ha vinto il Premio Brancati, Borgo Sud (2020), finalista al Premio Strega 2021, e L’età fragile (2023). Per la sceneggiatura del film L’Arminuta di Giuseppe Bonito ha vinto il David di Donatello insieme a Monica Zapelli.
Rossella Montemurro
Foto credits MUSA