Quando a scuola parlavo dei Sacramenti e soprattutto della “Confessione”, molti alunni mi facevano sempre le seguenti domande: “Non capisco perché devo dire i miei peccati al prete?”
“Non sarebbe meglio confessarsi direttamente a Dio?”
“Tra l’altro al prete posso raccontare quello che voglio, invece con Dio devo essere sincero.”
È inutile dire quanti uomini hanno avuto, hanno e avranno le stesse domande da fare.
A queste domande io rispondevo più o meno così: “Per prima cosa chiariamo che non è il prete che perdona, ma Dio. Infatti a Lui chiediamo perdono e soltanto Lui ci può perdonare”.
Per prima cosa chiariamo che Gesù ha fondato la Chiesa, cioè una comunità che accetta di vivere la legge dell’amore per essere segno dell’amore di Dio per tutti gli uomini.
Questo significa che Gesù incontra e sostiene la sua comunità nei Sacramenti che sono segni della Sua presenza e sorgenti della Sua grazia.
Vi chiederete a questo punto tutto questo che cosa c’entra con il prete?
Gesù incontra i suoi discepoli dando qualcosa di concreto.
Ecco perché il Signore ha voluto incontrarci col segno dell’acqua – Battesimo, dell’olio che dà la forza – Cresima, nel pane e nel vino – Eucarestia, nel sì reciproco scambiato davanti alla comunità – Matrimonio, nel gesto del prete che ci assolve – Confessione.
Ecco perché confessare i nostri peccati davanti al prete ci fa capire che noi non abbiamo paura del male, perché abbiamo chi ci ricorda continuamente la forza di superare i nostri limiti e i nostri errori.
Per questo, noi cristiani, non possiamo condannare nessuno, non possiamo essere duri ed intransigenti.
Siamo peccatori noi e lo riconosciamo davanti a tutti, come facciamo a non essere misericordiosi con gli altri?
Ecco perché noi cristiani non possiamo e non dobbiamo mai dire: “Non ce la faccio a superare l’egoismo, il male, il peccato”.
Perché? Perché c’è sempre Gesù pronto a darci una mano per tirarci su con il suo perdono e rimetterci in carreggiata.
Un cristiano che si rifiuta di confessare i suoi peccati alla Chiesa e nella Chiesa è uno che si rifiuta di essere un segno di coraggio per gli altri.
Avete mai riflettuto che quando noi chiediamo a Dio dentro di noi facciamo una cosa bellissima e necessaria.
Ma la cosa rimane per noi!
Quando invece ci inginocchiamo davanti al prete, diventiamo un segno di incoraggiamento e di speranza per tutti.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica