Quando si viene provocati, la prima cosa è capire la sottile differenza tra “reagire” e “rispondere”.
L’altro giorno è venuto a trovarmi un mio ex alunno che tra le tante cose mi ha detto, piangendo, che aveva fatto anche l’esperienza del carcere, perché aveva tentato di uccidere l’amico della mamma.
“Professò, non ho capito più niente, mi provocava sempre”.
Ho raccontato “La parabola del vecchio Samurai” che racconto pure a voi.
“Molto, molto tempo fa, nei pressi di Tokyo viveva un vecchio e rispettato samurai che aveva vinto molte battaglie.
Il suo tempo di guerriero era passato. Questo saggio samurai si dedicava ora ad insegnare ai più giovani, anche se sopravviveva la leggenda secondo la quale fosse tuttora in grado di sconfiggere qualsiasi avversario, non importa quanto forte.
Una sera d’estate, si presentò a casa sua un guerriero noto per la sua arroganza e la poca cavalleria. Era famoso per il suo carattere provocatorio e i pochi scrupoli. La sua strategia era quella di provocare l’avversario fino a quando questo, mosso dalla rabbia, abbassava la guardia e attaccava alla cieca. Si dice che non fosse mai stato sconfitto. E quel pomeriggio si proponeva di distruggere la leggenda del vecchio samurai per aumentare ulteriormente la sua fama.
Presto il guerriero cominciò ad insultare il saggio samurai, arrivando a lanciargli pietre e perfino a sputargli in faccia. Così passavano i minuti e le ore, ma il saggio samurai rimaneva impassibile senza sguainare la spada. Giunta la sera, esausto e umiliato, il guerriero si dette per vinto.
I discepoli del samurai, irritati dagli insulti che aveva ricevuto il maestro, non capivano perché il vecchio non si fosse difeso e considerarono il suo atteggiamento come un segno di codardia. Quindi gli chiesero:
– Maestro, come hai potuto sopportare tale indegnità? Perché non hai sguainato la tua spada anche sapendo che stavi per perdere la battaglia piuttosto che agire in un modo così vile?
Il maestro rispose:
– Se qualcuno arriva con un regalo e non lo accettate, a chi appartiene il regalo?
– Alla persona che è venuta a consegnarlo!
– Bene, lo stesso vale per la rabbia, gli insulti e l’invidia… – rispose il samurai – Quando non sono accettate, continuano ad appartenere a chi le ha portate con sé.”
Questo significa che se reagiamo, seguiamo la via della soddisfazione immediata, cioè del bisogno di rispondere alla provocazione.
Quando scegliamo di non reagire attuiamo quel proverbio cinese che afferma: “Se sei paziente in un momento di rabbia, sfuggirai a cento giorni di dolore”.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica