Oggi vorrei fare una riflessione sull’assurdità della guerra e la vorrei fare con una dichiarazione lapidaria e difficilmente contestabile di Louis-Ferdinand Céline: “La guerra è il massacro di milioni di persone che non si conoscono nell’interesse di poche persone che si conoscono ma non si massacrano”.
Purtroppo se la madre della violenza è sempre incinta e continua a partorire mostri, la guerra trova sempre sostenitori diretti o impliciti.
Incominciamo col dire che Louis-Ferdinand Céline partecipò volontario alla prima guerra mondiale, rimanendo ferito gravemente e parzialmente invalido, nonché segnato psicologicamente per sempre dall’esperienza.
Considerato un originale esponente delle correnti letterarie del modernismo e dell’espressionismo, Céline è ritenuto uno dei più influenti scrittori del XX secolo, celebrato per aver dato vita ad uno stile letterario che modernizzò la letteratura francese ed europea.
E’ un autore cinico e amaro e la sua opera più famosa, “Viaggio al termine della notte” (1932), è un’esplorazione cupa e nichilista della natura umana e delle sue miserie quotidiane.
Céline avrà un ricordo negativo dell’infanzia, che rivivrà come un periodo di ristrettezze economiche e, soprattutto, morali, educato ad una mentalità piccolo borghese e al più rigido rispetto delle gerarchie sociali.
Nei ricordi della sua infanzia, le uniche figure positive sono la nonna materna, da cui l’autore trarrà il suo famoso pseudonimo, una donna forte, energica e lavoratrice, rimasta fedele alla sua origine e a un modo di esprimersi popolare e lo zio Julien (detto Louis) con cui aveva un rapporto di complicità e di comuni interessi nel campo delle nuove tecnologie del tempo.
Nella “Critica del giudizio” di Kant leggiamo che “la guerra, malgrado le calamità terribili con cui essa opprime il genere umano, è uno stimolo in più a sviluppare fino al più alto grado di tutti i talenti della cultura”.
E’ importante, perciò, ritrovare le ragioni decisive della pace, creare sempre più una cultura di pace e di riconciliazione.
Immaginate che Dostoevskij affermava che l’anima umana vale più di tutti i regni di questo mondo.
Ecco perché noi cristiani dovremmo sempre avere davanti ai nostri occhi, di fronte ai mostri della violenza, l’appello del Cristo nel famosissimo Discorso della Montagna: “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica