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Il prof. Incampo: “La leggenda del Samurai che andò in Paradiso, un insegnamento contro l’egoismo”

Il giorno di Natale mi ha telefonato un mio ex alunno Innocenzo, adesso padre di famiglia, per farmi gli auguri e, tra le tante cose, mi ha detto:

“Professore, ricordo che a scuola ci raccontavate spesso la leggenda del Samurai che andò in Paradiso.

E ricordo che la raccontavate sempre quando qualcuno di noi non era stato egoista verso i suoi compagni. Non la ricordo bene, vi dispiace raccontarmela di nuovo?”

Certamente!

Eccola la leggenda del Samurai che andò in Paradiso.

Dopo una lunga ed eroica vita, un valoroso samurai giunse nell’aldilà e fu destinato al paradiso. Era un tipo pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un’occhiata anche all’inferno. Un angelo lo accontentò e lo condusse all’inferno. Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi e pietanze succulente e di golosità inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt’intorno, erano smunti, pallidi e scheletriti da far pietà.

“Com’è possibile?”, chiese il samurai alla sua guida. “Con tutto quel ben di Dio davanti!”.
“Vedi: quando arrivano qui, ricevono tutti due bastoncini, quelli che si usano come posate per mangiare, solo che sono lunghi più di un metro e devono essere rigorosamente impugnati all’estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca”.

Il samurai rabbrividì. Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi neppur una briciola sotto i denti.
Non volle vedere altro e chiese di andare subito in paradiso. Qui lo attendeva una sorpresa. Il paradiso era un salone assolutamente identico all’inferno! Dentro l’immenso salone c’era l’infinita tavolata di gente; un’identica sfilata di piatti deliziosi. Non solo: tutti i commensali erano muniti degli stessi bastoncini lunghi più di un metro, da impugnare all’estremità per portarsi il cibo alla bocca.
C’era una sola differenza: qui la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia.

“Ma com’è possibile?”, chiese il samurai.

L’angelo sorrise.

“All’inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché si sono sempre comportati così nella vita. Qui al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino”.”

È semplice – rispose Dio – essi hanno imparato a nutrirsi reciprocamente, gli uni con gli altri”.

I primi, cioè quelli destinati all’Inferno, hanno pensato sulla terra solo a loro stessi, mentre gli altri, quelli destinati al Paradiso hanno pensato prima a far del bene agli altri e poi a loro stessi.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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