Avete fatto caso che ogni volta che coniughiamo il verbo amare facciamo una lezione di vita, o meglio doniamo un frammento di esistenza.
Io sono convinto che ogni volta che seminiamo l’amore nella vita di chiunque, sicuramente fiorisce la speranza, si apre il cielo, fioriscono gli animi e si vede la vita a colori.
Ora immaginate se a fare tutto questo è Dio!
Certamente saremo sempre stupiti, direi storditi.
Noi sappiamo bene che la cattedra di Dio è scomoda, ma unica e quindi essenziale e necessaria: la croce.
Avete mai riflettuto che da essa Gesù ci insegna ad amare e che dall’amore ne è l’universalità.
Solo dalla croce si impara come si ama: fino alla fine e in modo gratuito.
Solo dalla croce si impara ad avere sete del bene altrui.
Solo dalla croce si impara a perdonare sempre.
Solo dalla croce si impara a riceve il dono della Madre di Dio, da accogliere e custodire nella propria vita.
Solo dalla croce si impara che saremo con Lui in Paradiso.
È evidente che quello che si impara deve essere anche praticato.
Ecco cosa ci dona la domenica delle Palme: il trionfo dell’amore di Dio, nella sconfitta, nell’abbandono, nella solitudine, nel grido di Dio che si sente solo per non lasciarci orfani.
Dalla croce una flebo di fiducia, una flebo di vera e cristallina dedizione agli altri.
In questa domenica delle Palme vorrei invitarvi a riflettere che l’arte di amare consiste nel non ripagare allo stesso modo, nell’essere generosi con tutti, finanche, con chi ti toglie la vita.
Gesù, da perdente, da soccombente, da sconfitto, ci dona la lezione più alta, necessaria, che la storia umana abbia mai potuto generare.
La forza della debolezza, la luce delle tenebre, la sapienza dell’insipienza, la vertigine dell’abisso.
Il grido del suo richiamo è l’eco della sua tenerezza.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica