Ricordo una favola di Amos Oz che mi raccontavano spesso a scuola a proposito del pregiudizio.
Amos Oz nato a Gerusalemme il 4 maggio 1939 e morto a Tel Aviv il 28 dicembre 2018 è stato uno scrittore e saggista israeliano.
Nel suo romanzo autobiografico, Una storia di amore e di tenebra, Oz ha raccontato, attraverso la storia della sua famiglia, le vicende storiche del nascente Stato di Israele dalla fine del protettorato britannico: la guerra di indipendenza, gli attacchi terroristici dei Fedayyin la vita nei kibbuz.
Nella vita dello scrittore è stato determinante il suicidio della madre, avvenuto quando il piccolo Amos aveva appena dodici anni. L’elaborazione del dolore si sviluppa ben presto in un contrasto con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica. Il contrasto padre-figlio portò alla decisione del ragazzo di entrare nel kibbutz Hulda e di cambiare il cognome originario “Klausner” in “Oz”, che in ebraico significa “forza”.
La favola è la seguente:
“C’era una volta, tanti e tanti anni or sono, un contadino ignorante che per la prima volta in vita sua andò a visitare un giardino zoologico.
Ad un certo punto arrivò al recinto dove si trovava la giraffa e per un bel po’, visibilmente stizzito, rimase a guardare l’animale.
Infine, gli volse le spalle e si allontanò, borbottando arrabbiato.
Un animale così non esiste!”
La storia è un evidente metafora dell’ottusa reazione di ogni integralismo, he non vuole ammettere la realtà, arroccato ai suoi pregiudizi.
Naturalmente la favola si addice a chi oggi ha una grettezza mentale e spirituale.
Ricordate gli amici di Giobbe?
Ripetono sempre le loro ricette teologiche, si illudono di spiegare e comprendere tutto e alla fine la realtà insorge con la sua forza da chi la vive e la rispetta.
Eppure per queste persone la risposta è sempre simile a quella del contadino ignorante: è la realtà ad essere smentita, mai il loro pensiero!
Voi che leggete sapete benissimo che l’onestà intellettuale è un valore da conquistare con continuità e costanza.
Avete mai riflettuto che il vero sapiente è colui che ha la coscienza del suo limite e dell’immensa complessità del reale.
Il vero sapiente è sempre pronto alla sorpresa, è sempre pronto all’autocritica, è sempre pronto alla verifica, è sempre pronto alla verifica al rispetto, è sempre pronto alla scoperta.
Riflettete: soltanto Dio riesce con un solo sguardo riesce ad abbracciare tutto!
Noi infatti riusciamo a conoscere soltanto uno spicchio dell’essere.
Leggiamo infatti nel libro del Siracide:
“Ci sono molte cose nascoste
più grandi delle note
Noi contempliamo solo poche
Delle opere di Dio…
Potremmo dire molte cose
E mai finiremmo
Se non con questa conclusione: Egli è tutto”.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la Pastorale Scolastica