Mi è capitato più di qualche volta, durante corsi di aggiornamento che tenevo a maestri di ruolo e di classe, che qualcuno mi chiedesse: “Professore perché l’evangelista Marco ha come simbolo il leone alato?”.
Il leone di San Marco (o leone marciano) era in origine la rappresentazione simbolica di San Marco Evangelista in forma di leone alato
Sembrerà strano, ma il Leone alato viene riconosciuto come simbolo di Marco perché il suo Vangelo inizia con il personaggio di Giovanni Battista che nell’immaginario cristiano era rivestito di una pelle di leone e che viene evocato con la frase evangelica “Voce di colui che grida nel deserto …” che richiama l’idea di un ruggito nel deserto.
Sempre a proposito di Marco, in ambito veneto circolava già dal VI secolo la cosiddetta Leggenda di San Marco, la quale narra che l’Evangelista, in viaggio da Aquileia a Roma, sostò in Laguna, dove gli apparve in sogno un angelo, messaggero divino, che gli disse: “Pace a te Marco, mio evangelista, qui riposi il tuo corpo” cioè l’annuncio che il corpo del santo dopo la morte avrebbe trovato riposo definitivo nella laguna di Venezia.
E così avvenne nel 828 quando alcuni mercanti veneziani, tra i quali Bono da Malamocco e Rustico da Torcello, trafugarono il corpo del Santo sepolto ad Alessandria d’Egitto e lo portarono a Venezia dove fu inumato con tutti gli onori nella prima Basilica di San Marco, facendola così divenire da allora una delle più importanti di tutta la Cristianità perché conserva il corpo di uno dei quattro Evangelisti.
San Marco era sicuramente un uomo dal carattere forte, discepolo di San Pietro, che tutti sappiamo era un pescatore e non un intellettuale.
Marco non era uno scrittore, infatti il suo Vangelo è il più breve dei quattro e piuttosto ruvido, però va diritto allo scopo con frasi breve, forti che sembrano appunto zampate di leone.
Come tutti sapete i Vangeli sono quattro e qualcuno può pensare che raccontano gli stessi fatti.
È vero, i quattro vangeli trasmettono il racconto della vita e dell’insegnamento di Gesù, ma con stili e accenti diversi.
Per essere veramente cristiani bisogna innamorarsi di Cristo, però prima di amarlo bisogna conoscerlo, studiarlo, ascoltarlo, contemplarlo e pregarlo.
Il vangelo di Marco è il più antico e riporta il ricordo e l’esperienza che di Gesù aveva san Pietro.
È il vangelo che ci interroga in modo forte: “E voi, chi dite che io sia?” (Cfr. Marco 8, 29).
È bello però come Marco con calma, e se volete con un po’ di rudezza, ci mette davanti il Cristo, che in lui non ha nulla di dolce e di pio.
Riflettete: Marco ci sconvolge perché presenta un’immagine di Gesù forse un po’ diversa da quella che ci siamo fatti noi: è proprio il Gesù che ci avrebbe presentato San Pietro.
Ricordo che dopo aver presentato San Marco ai corsisti li invitavo a leggere il vangelo di San Marco fermandosi a gustare alcune frasi, o alcune espressioni, o alcuni episodi.
E ricordate che non finiremo mai di conoscere il figlio di Dio e ogni passo che facciamo in questo cammino di conoscenza sarà una nuova scoperta che ci entusiasmerà e ci darà la forza e la gioia di vivere la nostra vita.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica