Il cammino della parrocchia verso il monte sacro di San Francesco diventa un’esperienza di profonda spiritualità condivisa
Nel cuore verde del Casentino, dove i boschi sembrano custodire ancora l’eco del Cantico delle Creature, si è svolto il pellegrinaggio della parrocchia al Santuario della Verna, luogo francescano per eccellenza.
Un viaggio non solo fisico, ma soprattutto interiore, che ha coinvolto decine di fedeli in un’esperienza intensa di preghiera, comunione e riscoperta spirituale.
Il gruppo è partito nelle prime ore del mattino, animato da un desiderio comune: allontanarsi dalla frenesia quotidiana per riscoprire il senso profondo della fede attraverso la figura di San Francesco.
Alcuni tratti sono stati percorsi a piedi, per vivere il cammino con lentezza e meditazione, immergendosi nella bellezza aspra e solenne dei paesaggi toscani.
Il Santuario della Verna sorge a 1.128 metri di altitudine, su una rupe che domina la valle del Casentino, e conserva intatto il fascino dei luoghi santi: silenzioso, immerso nei boschi, quasi nascosto, come se volesse proteggere il mistero che custodisce. È qui che, nel settembre del 1224, San Francesco ricevette le stigmate, evento straordinario che ha reso questo monte una delle mete più significative del pellegrinaggio cristiano.
“Entrare nella Cappella delle Stimmate – racconta Maria, una pellegrina – è stato come toccare con mano la santità. Si sente qualcosa di diverso, una presenza, un silenzio che parla.” Il gruppo ha partecipato alla celebrazione eucaristica insieme ai frati francescani, che ancora oggi abitano e custodiscono il santuario, testimoniando con la loro vita semplice e accogliente l’essenza del carisma di Francesco.
Il pellegrinaggio è stato scandito da momenti di preghiera, meditazione e condivisione.
Ogni tappa è stata accompagnata dalla lettura di brani del Vangelo e di scritti francescani, con spazio per la riflessione personale e la condivisione in piccoli gruppi. Un frate durante una meditazione nel bosco, ha ricordato: “Camminare verso La Verna è anche un camminare dentro di noi. Francesco si è spogliato di tutto, e in quel vuoto ha trovato Dio. Forse anche noi siamo qui per imparare a lasciare qualcosa.”
Anche i più giovani, presenti numerosi, hanno vissuto il pellegrinaggio con partecipazione attiva. “Non pensavo che stare in silenzio potesse essere così bello – dice Luca, 17 anni –. Ho capito che non ho bisogno di mille cose per sentirmi bene. Mi bastava ascoltare il vento tra gli alberi.”
Il rientro, come ogni ritorno, non ha segnato la fine, ma l’inizio di qualcosa di nuovo. Molti hanno raccontato di aver riscoperto la bellezza della preghiera silenziosa, il valore del tempo condiviso, la gioia di una fede vissuta in semplicità.
“Siamo tornati con un seme nel cuore – ha detto il parroco nell’omelia della domenica successiva –. Ora sta a ciascuno di noi farlo crescere, nel nostro quotidiano, nel nostro modo di amare, di lavorare, di pregare.”
Il pellegrinaggio alla Verna ha lasciato un’impronta profonda, un ricordo che non si consumerà in fretta.
Perché certi luoghi, certi silenzi, certe esperienze non si dimenticano.
Restano, e trasformano.
Nicola Incampo
