Un giorno entrai in una classe.
Erano tutti sconvolti, perché un loro compagno la sera prima aveva rischiato grosso in un incidente.
Scrissi alla lavagna: “Dio è Amore”.
E dissi con mota calma: “C’è una pagina della Bibbia che illumina questo momento”.
Tutti mi guardarono incuriositi.
Aggiunsi: “Nel libro di Giosuè e precisamente al capitolo 24”.
Il libro di Giosuè racconta della conquista del territorio di Canaan da parte degli Israeliti, di come essi si allontanassero da Dio e come Egli, quando veniva invocato, li liberasse puntualmente.
Purtroppo queste liberazioni non erano durature a causa della continua ricaduta nel peccato da parte del popolo di Israele.
Dio aveva dato la terra agli Israeliti con un patto incondizionato.
Giosuè, il cui nome significa “Dio salva”, fu il successore di Mosè ed un gran condottiero.
Nato schiavo in Egitto, aveva quarant’anni al tempo dell’esodo dal paese della schiavitù, ottanta quando ricevette il mandato come successore di Mosè e centodieci al momento della sua morte.
A Cadesh-Barnea, fu uno dei dodici uomini che andarono in missione ad esplorare il paese di Canaan e uno degli unici due che ritornarono con un rapporto favorevole, nella piena fiducia che Dio avrebbe dato loro la terra.
Fu un uomo di coraggio, che dipendeva da Dio, una guida, un uomo di fede, caratterizzato da entusiasmo e fedeltà.
Il concetto chiave del libro di Giosuè non è la vittoria, bensì che è Dio che dà la vittoria.
Al capitolo 24 si racconta che quando il popolo di Dio giunse alla Terra Promessa e la conquistò, la prima preoccupazione di Dio fu questa: ricordare che il cammino non era finito!
Ecco, allora, che Giosuè a tutti: “Volete continuare a seguire il Signore?”
Tutti mi guardavano ancora più incuriositi.
Leggendo nei loro sguardi, aggiunsi: “Non basta un sì per farmi cristiano?”.
Sicuramente no, non basta.
Il sì della fede va continuamente rinnovato.
Riflettete: il Paradiso non è tutto da aspettare, comincia quaggiù, come anche l’inferno comincia quaggiù, dipende solo da noi, dipende da come viviamo.
E non dimentichiamo mai che la nostra fede non è un’idea, e non è neanche un libro, ma… è una vita.
Vorrei concludere questa mia modestissima riflessione con le parole di don Mazzolari: “Un tempo sul pane si faceva una croce, affinché coloro che lo prendevano in mano non dimenticassero che il pane è di Dio e che non può essere usato per tradire la fame dell’uomo, il quale, se ha bisogno di pane, non vive di solo pane”.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica