In questi giorni di vacanza, su indicazione di un amico, ho letto il romanzo I fratelli Tanner.
I fratelli Tanner è un romanzo dello scrittore svizzero Robert Walser
Robert Walser Robert Walser nacque il 15 aprile 1878 a Bienne/Biel, cittadina del Cantone di Berna collocata sul confine linguistico tra la regione germanofona e quella francofona della Confederazione Elvetica..
Il padre era titolare di una cartoleria che permetteva alla famiglia una vita alquanto modesta e la madre, talora soggetta a crisi depressive, si spense già nel 1894. Penultimo di otto figli, il maggiore dei quali era appunto il noto pittore, illustratore e scenografo Karl Walser, Robert per motivi economici interruppe gli studi superiori per seguire, dal 1892, un apprendistato bancario.
Ancora bambino, si entusiasmò per il teatro.
Il romanzo, scritto in 18 capitoli, racconta di Simon Tanner, di una ragazza sposata di nome Klara Agappaia, ma soprattutto del protagonista, con le sue fantasticherie, i lavori saltuari che abbandona con disinvoltura, i discorsi fatti in giro, le passeggiate, le lettere pompose che si decide a scrivere e non sempre finisce, gli incontri vissuti con ironia e delicatezza, e gli entusiasmi da nullafacente felice, nella tradizione del buono a nulla.
Nel romanzo, a un certo punto, Simon trova un uomo riverso nella neve, allo stesso modo come 50 anni dopo l’autore stesso sarà ritrovato morto.
Vi propongo una riflessione su un suo brano:
“Io sono sempre davanti alla porta della vita, busso e busso, certo con scarsa irruenza e tendo solo curiosamente l’orecchio per sentire se viene qualcuno che voglia aprirmi il chiavistello.
Un chiavistello pesante e nessuno viene volentieri se ha sensazione che quello che bussa di fuori è un mendicante.
Non sono altro se no uno che ascolta e attende”.
In questo personaggio, Simon Tanner, ho ritrovato i lineamenti di tanti di noi che si sentono respinti, ignorati o esclusi.
Sono coloro che vengono da altre terre, sono i miserabili, quelli spinti ai margini da una società del benessere troppo egoista, sono gli ex carcerati, sono le persone senza affetti.
Essi ascoltano e attendono, che un passo si avvicini, che qualcuno si alzi dalla tavola imbandita della sua casa per giungere fino alla porta, aprirgli e accoglierlo.
Sono convinto che anche a voi verranno in mente, in questo momento, le parole di Gesù: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. (Cfr. Matteo 25, 34 – 46).
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica