La Fondazione Francesca Divella, in collaborazione con il Comune di Matera e l'associazione "Una stanza per un sorriso - Sostiene i pazienti oncologici", è lieta di annunciare la "Giornata della prevenzione senologica e ginecologica", un evento dedicato alla salute e...
Mi è capitato molte volte nella mia lunga carriera di insegnante di parlare agli alunni di “Creazione” e ho sempre preferito introdurre il tema con una suggestiva parabola araba.
Eccola: «Dio creò il mondo come un giardino rigoglioso, fitto di alberi, pullulante di sorgenti, costellato di prati e di fiori. Là aveva deposto gli uomini e le donne ammonendoli: “A ogni cattiveria che commetterete io lascerò cadere un granello di sabbia in questa immensa oasi del mondo”. Ma gli uomini e le donne, indifferenti e frivoli, si dissero: “Che cos’ è mai un grano di sabbia in una così immensa distesa di verde?” E si misero a vivere in modo fatuo e vano, perpetrando allegramente piccole e grandi ingiustizie. Essi non s’accorgevano che, a ogni loro colpa, il Creatore continuava a calare sul mondo i granelli aridi della sabbia. Nacquero, così, i deserti che di anno in anno si allargano stringendo in una morsa mortale il giardino della Terra, tra l’indifferenza dei suoi abitanti.
E il Signore continua a ripetere: “Ma perché mai le mie creature predilette si ostinano a rovinare la mia creazione trasformandola in un immenso deserto?”»
Inquinare, scardinare i ritmi della natura, spezzare la trama degli elementi, ferire il creato, disprezzare la materia è un grave peccato contro Dio Creatore.
I disastri naturali e le catastrofi non derivano da un Dio cieco e ostile, ma derivano proprio dal fatto che l’uomo non sa vivere nel rispetto della natura, si butta sopra come un tiranno devastatore.
È ciò che ha ribadito il Sinodo dei vescovi sull’ Amazzonia e che aveva proposto con forza papa Francesco con la sua ormai famosa enciclica che si intitola con le prime parole del Cantico delle creature di san Francesco, ossia «Laudato si’, mi’ Signore» pubblicata il 24 maggio 2015.
Ma l’indifferenza e l’egoismo, denunciati nella parabola araba sopra citata, non si sono incrinati più di tanto, se pensiamo al degrado ambientale che continua a propagarsi in mille forme.
C’è anche però un atteggiamento ecologico biblico che consiste nel ritrovare il quadro delle armonie graduali scritte da Dio nella natura.
La nostra responsabilità nei confronti della creazione ci viene riproposta dalla parabola araba.
E’ arrivato veramente il momento di ritrovare la nostra fraternità con la natura, con la terra, con le creature che ci circondano e con noi e con noi convivono, perché, come dice il Salmista “Tutto ciò che respira dà lode al signore”. (Salmo 150, 6).
Ricordiamoci che nel Libro della Sapienza, uno scritto anticotestamentario greco composto alle soglie del cristianesimo (forse nell’ anno 30 a.C.) aveva già scritto: «Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce il loro Artefice».
Vorrei concludere questa mia modestissima riflessione con quanto San Giovanni Paolo II, il Grande Papa, aveva così sintetizzato: «Dio ha scritto un libro stupendo le cui lettere sono la moltitudine delle creature presenti nell’ universo».
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica