Oggi vorrei proporre alla vostra attenzione una parabola che appartiene a quel grande patrimonio della tradizione ebraica che è il “Midrash”.
Parallelamente alla formazione della Mishnà e poi del Talmud, attorno al 200 d.C. lo sviluppo e lo studio della Torah orale diede luogo a un altro genere letterario, che è nello stesso tempo un altro metodo ermeneutico: il Midrash.
Da questo nucleo fioriscono racconti affascinanti, molte volte affidati al bagliore dell’intuizione.
E questo è il caso della parabola che vi propongo:
“Quando Dio creò il mondo, creò dieci porzioni di bellezza: ne attribuì nove a Gerusalemme e una sola al resto del mondo.
Creò dieci porzioni di scienze: ne attribuì nove a Gerusalemme e una sola al resto del mondo.
Dio, però, creò anche dieci porzioni di dolore: ne attribuì nove a Gerusalemme e una sola al resto del mondo.”
Che sorpresa!
Gerusalemme è anche il compendio della sofferenza del mondo e non solo della sua bellezza e della sua scienza.
È come dire che a Gerusalemme si condensa la storia intera con le sue gioie e i suoi dolori.
La religione biblica è un continuo appello alla fedeltà senza facili evasioni nell’illusione.
Avete mai riflettuto che la religione è illuminata costantemente dall’utopia che non è fantasia, miraggio, ma è partecipazione al progetto di Dio, un progetto in cui deve vincere la vita sulla morte, il bene sul male, la grazia sulla sofferenza.
È con questa certezza che l’Apocalisse ci fotografa la Gerusalemme celesta voluta da Dio:
“Il Signore E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate!”
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica