Un giorno scrissi alla lavagna: “Orgoglio” ed invitai i ragazzi riflettere.
Dopo un po’ lessi la poesia di Alcmane di Sardi.
Alcmane sarebbe vissuto nella seconda metà del VII secolo a.C. e, secondo alcune tradizioni, era di Sardi.
Visse, comunque, per lo più a Sparta dove, secondo la tradizione, era stato condotto come schiavo.
Più verosimilmente però, egli era nativo di Sardi, trasferitosi poi a Sparta per l’alto livello culturale e l’elevato prestigio raggiunto dalla città all’epoca di Alcmane, prima del rigido rigore militare imperante nella Sparta del V secolo a.C.
Studiò, inoltre, alla scuola di Terpandro, di cui avrebbe proseguito la tradizione corale.
Fu sepolto presso il campo dove, a Sparta, si allenavano i giovani guerrieri.
La produzione poetica di Alcmane fu raccolta dai filologi alessandrini in sei libri: tuttavia, l’ordine dato ai componimenti è poco chiaro, ad eccezione dei primi due che contenevano i parteni.
Della sua opera ci restano circa cento frammenti.
Ad Alcmane la leggenda vuole fosse attribuito l’alcmanio.
La poesia è la seguente:
Alcmane e la pernice
Queste parole ed il canto Alcmane trovò,
ascoltando la voce di pernici
e traducendo in parole
E’ l’orgoglio giusto di chi constata felicemente l’esito di una propria impresa.
L’orgoglio è tanto più giusto se l’impresa consiste nella piena imitazione riuscita di una voce della natura.
Per giorni e per mesi, appostandosi ad ascoltarlo, e, infine, si entra in finissima simpatia.
Sicuramente avete sentito dire che la poesia “è dialogo col mondo”, ebbene il poeta greco che traduce gioiosamente in versi e affida alle possibilità delle parole la voce dolce della pernice, conferma l’altezza dell’humus poetico.
Avete notato come la poesia, nel dialogo con l’uomo e con le cose, si fa coscienza, la più nobile, di ogni uomo e di ogni cosa.
Nicola Incampo