Ricordo che un’alunna al Liceo mi disse: “Durante la Santa Messa una preghiera che mi commuove quando il sacerdote dice: “Non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà”.”
Bellissima l’osservazione!
Provo a rispondere.
È una preghiera molto bella che il Sacerdote pronuncia a nome di tutta l’assemblea, prima dello scambio della pace, e può suscitare un legittimo interrogativo: la Chiesa non siamo forse noi? A quale Chiesa dovrebbe rivolgere il suo sguardo il Signore?
Come al solito serve un po’ di storia.
È interessante sapere che questa orazione prima della riforma conciliare, veniva recitata dal sacerdote privatamente e sottovoce usando la prima persona singolare.
È interessante sapere che durante il Medioevo, il sacerdote manifesta la propria indegnità nel presentare a Dio la supplica per tutto il popolo,
Fu Paolo VI che stabilì che questa preghiera fosse recitata ad alta voce dal sacerdote per coinvolgere in questo stesso atteggiamento tutta l’assemblea e fosse chiaro che la preghiera liturgica è in primo luogo preghiera di Cristo.
Ecco perché tutte le orazioni liturgiche si concludono con la frase «Per Cristo nostro Signore».
infatti nelle preghiere liturgiche non prevalgono i nostri peccati, ma i meriti e la santità di Cristo.
Ed è proprio che per questo motivo che durante questa orazione noi stiamo in piedi come figli davanti al padre e non come schiavi davanti al padrone.
Questa è la fede della Chiesa .
Nella liturgia la nostra voce, per quanto indegnamente, diventa voce di Cristo. Pertanto, pregare il Signore di non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della sua Chiesa, non è semplicemente un doveroso atto di umiltà, nella consapevolezza delle nostre personali infedeltà; è soprattutto un atto di fede nell’insondabile mistero di un Dio che ci ha voluti fragili perché conoscessimo la gioia dell’amore che perdona e che non dimentica mai la nostra dignità di figli, per quanto sfigurata dal peccato.
Di conseguenza «tutti i membri della Chiesa, compresi i suoi ministri, devono riconoscersi peccatori. In tutti, sino alla fine dei tempi, la zizzania del peccato si trova ancora mescolata al buon grano del Vangelo. La Chiesa raduna dunque dei peccatori raggiunti dalla salvezza di Cristo, ma sempre in via di santificazione» (Catechismo della Chiesa cattolica, 827).
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica