giovedì, 21 Novembre 2024

Il 25 novembre a Matera il Soroptimist Club della città dei Sassi, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della  violenza sulle Donne,  ospita la psicoterapeuta Maura Anfossi, autrice del saggio “Emozioni a colori”

Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...

Mobilità sanitaria: intesa apulo-lucana

Su proposta dell’assessore alla Salute, Politiche per la Persona e Pnrr, Cosimo Latronico, la Giunta regionale ha approvato lo schema di accordo tra la Regione Basilicata e la Regione Puglia, per la compensazione della mobilità sanitaria interregionale. “Per la prima...

Ricordo che un’alunna al Liceo mi disse: “Durante la Santa Messa una preghiera che mi commuove quando il sacerdote dice: “Non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa e donale unità e pace secondo la tua volontà”.”

Bellissima l’osservazione!

Provo a rispondere.

È una preghiera molto bella che il Sacerdote pronuncia a nome di tutta l’assemblea, prima dello scambio della pace, e può suscitare un legittimo interrogativo: la Chiesa non siamo forse noi? A quale Chiesa dovrebbe rivolgere il suo sguardo il Signore?
Come al solito serve un po’ di storia.

È interessante sapere che questa orazione prima della riforma conciliare, veniva recitata dal sacerdote privatamente e sottovoce usando la prima persona singolare.

È interessante sapere che durante il Medioevo, il sacerdote manifesta la propria indegnità nel presentare a Dio la supplica per tutto il popolo,

Fu Paolo VI che stabilì che questa preghiera fosse recitata ad alta voce dal sacerdote per coinvolgere in questo stesso atteggiamento tutta l’assemblea e fosse chiaro che la preghiera liturgica è in primo luogo preghiera di Cristo.

Ecco perché tutte le orazioni liturgiche si concludono con la frase «Per Cristo nostro Signore».
infatti nelle preghiere liturgiche non prevalgono i nostri peccati, ma i meriti e la santità di Cristo.

Ed è proprio che per questo motivo che durante questa orazione noi stiamo in piedi come figli davanti al padre e non come schiavi davanti al padrone.

Questa è la fede della Chiesa .

Nella liturgia la nostra voce, per quanto indegnamente, diventa voce di Cristo. Pertanto, pregare il Signore di non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della sua Chiesa, non è semplicemente un doveroso atto di umiltà, nella consapevolezza delle nostre personali infedeltà; è soprattutto un atto di fede nell’insondabile mistero di un Dio che ci ha voluti fragili perché conoscessimo la gioia dell’amore che perdona e che non dimentica mai la nostra dignità di figli, per quanto sfigurata dal peccato.

Di conseguenza «tutti i membri della Chiesa, compresi i suoi ministri, devono riconoscersi peccatori. In tutti, sino alla fine dei tempi, la zizzania del peccato si trova ancora mescolata al buon grano del Vangelo. La Chiesa raduna dunque dei peccatori raggiunti dalla salvezza di Cristo, ma sempre in via di santificazione» (Catechismo della Chiesa cattolica, 827).

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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