In questi giorni di pandemia e di guerra mi ritorna in mente un proverbio indiano, che dice: “Il giusto, come il legno di sandalo, profuma l’ascia che lo colpisce.”
Non so perché, ma questo proverbio mi fa ritornare in mente il primo martire cristiano Santo Stefano.
E lo è un po’ per tutte le vittime della storia il cui sangue non è mai versato invano.
E sapete perché?
Perché quel sangue non solo è seme, ma anche perché lascia la striatura di luce nel fondo tenebroso del cuore del persecutore e dell’oppresso.
Avete mai riflettuto che il giusto crea, il giusto feconda la storia, il giusto sfida i secoli.
Chi invece sta dalla parte della morte può solo concludere.
Infatti chi crede nei valori apre orizzonti eterni.
Le armi uccidono i corpi, mentre le idee e l’amore sono indistruttibili.
Io sono convinto che un martirio non può lasciar del tutto identico il boia.
Come dice il proverbio indiano sopracitato la sua lama odorerà il sandalo, la mano omicida porterà con sé una stimmata che il santo vi ha lasciato.
La storia ci insegna che molte volte il carnefice si converte dopo aver giustiziato il giusto.
È questa la forza del perdono cristiano.
Il noto politico e scrittore francese André Malraux aveva scritto che “l’uomo non vale nulla, ma nulla vale quanto l’uomo”.
Vorrei concludere questa mia riflessione con le parole di un sapiente e mistico medioevale musulmano che ci insegna una verità spirituale spesso disattesa nei giorni nostri.
“La guerra santa è fatta di dieci parti: una parte consiste nel guerreggiare contro il nemico; le altre nove stanno nella guerra contro se stessi”.
Amici che mi leggete ricordate che nel Libro dei Proverbi leggiamo: “Chi domina se stesso val più di chi conquista una città”. (Proverbi 16, 32)
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica