“In medicina è usato per la sedazione negli studi dentistici e come adiuvante nella analgesia durante il travaglio di parto: l’uso cronico del protossido d’azoto – noto come gas esilarante per la sensazione di euforia che può indurre – porta a una serie di disturbi legati alla riduzione della velocità di replicazione cellulare perché inibisce la vitamina B12, mentre l’utilizzo acuto può causare sia danni neurologici a breve e a medio termine sia addirittura ipossia, cioè riduzione della quantità di ossigeno nel sangue con conseguente riduzione di apporto di sangue al cervello, fino a perdita di coscienza, convulsioni e in casi rari anche al decesso.”
Il dott. Francesco Massimo Romito, direttore della struttura complessa di Anestesia e rianimazione dell’Azienda Sanitaria Locale di Matera e Responsabile dell’Area Sud del Consiglio delle Regioni della SIAARTI mette in guardia su quella che è stata definita “droga della risata”: qualche giorno fa un 26enne di Alessano è morto dopo averla inalata.
È indispensabile sensibilizzare il più possibile: “Noi non possiamo far altro che informare, anche perché ci sono degli usi legali delle sostanze. – aggiunge il dott. Romito – Tutti i farmaci sono delle droghe, in inglese farmaco si dice drug. Ogni farmaco al dosaggio giusto, nel momento giusto e nelle mani giuste fa bene, ma qualsiasi farmaco a dosaggio sbagliato, nelle mani sbagliate e nel momento sbagliato rischia di essere tossico per l’organismo. Oggi i ragazzi sono sommersi da una notevole quantità di informazioni, tanti comportamenti passano come normali, quando normali non lo sono. Per esempio, vedere dei palloncini dentro casa potrebbe destare un sospetto dell’utilizzo del protossido d’azoto: i palloncini vengono infatti riempiti con questo gas che poi viene inalato.”
Il protossido d’azoto è un gas inodore, incolore dal sapore leggermente dolciastro utilizzato molti anni fa come adiuvante dell’anestesia per i suoi effetti analgesici e sedativi: “Non è una dipendenza fisica propriamente detta come quella che viene indotta, per esempio, dall’uso di oppioidi – conclude il dott. Romito – ma è una dipendenza psichica perché la sensazione di benessere che induce l’inalazione di questo gas genera, da parte di chi lo usa, un forte desiderio di ripetere l’esperienza per gli effetti piacevoli. Nelle cronache di storia della medicina è riportato l’utilizzo di questo gas già nella Londra bene dei primi dell’Ottocento: era una specie di adiuvante per la buona riuscita di eventi e feste anche nella casa reale”.