“Non ho ucciso quel ragazzo. Ero lì per salvarlo.
Doveva essere così, o lei era già all’inferno. Teresa si trovava davanti all’enigma più sfidante della sua carriera: un’indagine su se stessa”.
È un incipit scioccante per i lettori che hanno amato il personaggio letterario di Teresa Battaglia quello di Madre d’ossa (Longanesi), il nuovo romanzo di Ilaria Tuti nel quale la protagonista è un commissario donna dall’intuito investigativo spiccato ma dilaniato da un disturbo degenerativo che la sta mettendo a dura prova. Perché, in un crescendo di momenti di blackout, il taccuino che si porta sempre dietro, “memoria storica” della sua vita e la presenza costante dell’ispettore Massimo Marini, di fronte a situazioni borderline, possono fare davvero poco quando è lei a trovarsi coinvolta in prima persona sulla scena del crimine.
Massimo riceve una chiamata anonima e si precipita in mezzo alle montagne, in uno scenario che già di per sé non lascia presagire nulla di buono: dove il bosco più fitto cede il passo all’acqua gelida di lago, qualcosa di enigmatico e terribile è accaduto. Ed è lì che Massimo vede Teresa. Le guance sporche di sangue, lo sguardo smarrito e tra le braccia il cadavere di un ragazzo.
Mille dubbi, mille sospetti – in primis dei superiori, dei colleghi che non tanto possono soffrire quella donna così tosta – e l’affetto dell’ispettore Marini che vuole a tutti i costi proteggerla, anche violando le procedure, impegnato da un lato a risalire all’identità della vittima, dall’altro a capire per quale motivo Teresa fosse con lui.
“Teresa aveva scherzato, ma la verità era che si sentiva sbriciolare.
Giocare serviva a esorcizzare la paura di scomparire. Non aveva mai sottovalutato la gravità della malattia che l’aveva colpita, ne era stata terrorizzata, ma riconoscerla in tempo, prima dell’oblio completo, le aveva permesso di andare oltre il dolore, e tentare di salvare l’unica cosa che le era rimasta e su cui aveva potere: il presente. In quella danza fanciullesca, fatta di esplosioni di gioia e di rabbia, di risate e pianti, burle e seriosità improvvise da grandi pensatori, Marini l’aveva seguita senza indugio. Aveva capito
che era tutto quello che loro due, insieme, avevano.”
Una trama curatissima, come è nello stile di Ilaria Tuti, nella quale spicca l’introspezione psicologica: Madre d’ossa è un’altra prova magistrale di questa giovane autrice.
Ilaria Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Da ragazzina voleva fare la fotografa, ma ha studiato Economia. Ama il mare, ma vive in montagna. Appassionata di pittura, nel tempo libero ha fatto l’illustratrice per una piccola casa editrice. Il suo romanzo d’esordio, Fiori sopra l’inferno (Longanesi 2018), è stato un vero e proprio caso editoriale in Italia e all’estero, selezionato come Crime Book of the Month dal Times nel marzo 2019. Nel 2019 ha pubblicato Ninfa dormiente – è stato tra i finalisti del prestigioso Edgar Allan Poe Awards 2020 – e nel 2020 Fiore di roccia e successivamente Luce della notte, sempre per Longanesi. Del 2021 è la nomina di Ninfa dormiente agli Edgar Awards e il Premio letterario Rapallo per la donna scrittrice per Fiore di roccia. È inoltre autrice del romanzo Come vento cucito alla terra (2022), ispirato alla vera storia delle prime donne chirurgo durante la Prima guerra mondiale. I suoi romanzi sono pubblicati in 27 Paesi.
Da Fiori sopra l’inferno è stata tratta l’omonima serie tv con Elena Sofia Ricci, in onda su Rai 1.
Rossella Montemurro