Non ci sono tracce scritte ma un invito privato, a voce, del capo per una misteriosa “settimana di team building”. Gaia, dipendente della Fondazione, una grossa istituzione culturale romana, ha intuito che ci fosse qualcosa che non tornava – forse le solite macchinazioni per controllare meglio i dipendenti – eppure ha accettato. Una volta giunta nel resort in montagna – che fin dalle prime è apparso “strano” per le ambientazioni e i personaggi che gravitavano attorno – osserva con sospetto perché per lei, ogni cosa, ne cela in realtà altre. Prova a cercare i colleghi, certa che siano camuffati tra camerieri e personale dell’albergo o che si stiano godendo lo spa tra le montagne. E invece niente. A tutto questo si aggiunge il suo chalet già occupato da un cliente e l’assenza di altri chalet liberi. Pian piano il disagio aumenta, Gaia non sa se pensare a un malinteso, a uno scherzo o a un’assurda performance artistica architettata dal capo.
Inizia così una vicenda paradossale di abusi sul lavoro raccontata da Gaia a Francesco, che ne riporta minuziosamente la cronaca. Il capo (Mondadori) di Francesco Pacifico è il resoconto a metà tra narrazione e presa diretta di un’esperienza surreale che nella mente di Gaia sembra avere echi da Truman Show.
Gaia cerca conferme chiamando una collega che è rimasta in Fondazione, si confronta con la sua ragazza, prova – andando a ritroso con la mente – a ricostruire la sua storia lavorativa ponendosi un bel po’ di domande purtroppo destinate a rimanere senza risposte. Perché “il capo” le ha detto di non parlare di quel viaggio con gli altri dell’ufficio? Perché non le ha ancora confermato la “lead” sul nuovo progetto? Ma soprattutto, perché non è lì e non le risponde al telefono?
Nel frattempo incontra un collega, sulle prime irriconoscibile, “il ragioniere” con il quale ripercorre alcuni accadimenti alla Fondazione e vicende private del Capo. Una figura, quest’ultima, che confonde in un sottile gioco tra realtà e apparenze e che l’autore è molto abile a descrivere. Così come è abile, Pacifico, a delineare una trama nella quale i soprusi assumono forme latenti. C’è un senso di oppressione e claustrofobia, quasi, che caratterizza Il capo e che arriva, forte al lettore. Sono molti anni, del resto, che Pacifico lavora, attraverso la scrittura, alla decostruzione del proprio privilegio di classe e di genere.
Francesco Pacifico, romano, nato nel 1977, ha scritto i romanzi Il caso Vittorio (minimum fax, 2003), Storia della mia purezza (Mondadori, 2010), Class (Mondadori, 2014, nuova edizione 2021), Le donne amate (Rizzoli, 2018). Ha pubblicato anche la raccolta di saggi letterari Seminario sui luoghi comuni (minimum fax, 2012), il saggio Io e Clarissa Dalloway (Marsilio, 2020) e la raccolta di racconti Solo storie di sesso (nottetempo, 2022). Molti dei suoi romanzi sono tradotti in America e nel Regno Unito. Collabora con diversi quotidiani e riviste, italiane e internazionali. È fondatore e editor della rivista online “Il Tascabile” e ha tradotto numerosi autori stranieri, tra cui Fitzgerald, Vonnegut e Miller.
Rossella Montemurro