Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...
Riceviamo e pubblichiamo dal dott. Espedito Moliterni, medico igienista:
” E’ ampiamente noto a tutti che, per far fronte alla grave carenza idrica, si è deciso di captare, all’altezza dei Comuni di Albano e Castelmezzano, le acque del fiume Basento per destinarle alla diga del Camastra in modo tale da garantire l’erogazione di acqua ai Comuni interessati.
Per quello che, allo stato, è dato conoscere, a tal fine è stato effettuato un solo prelievo delle acque del fiume Basento in un punto prossimo alla sua captazione per essere poi dirottato verso la diga del Camastra; le relative analisi hanno dato esito favorevole ai fini dell’utilizzo di quelle acque ai fini potabili, essendo stati riscontrati solo due valori superiori ai limiti di legge, riferiti ai tensioattivi e ai fosfati. A tal proposito, si è subito precisato che tali valori possono essere ricondotti alla norma grazie all’impianto di potabilizzazione a servizio della diga del Camastra, prima che le acque possano essere immesse nelle condotte idriche.
Tutto risolto? I cittadini possono davvero tirare un sospiro di sollievo?
E’ noto che il fiume Basento è un bacino idrico ove sono riversati, da anni, gli scarichi di numerosi insediamenti agricoli, zootecnici e produttivi presenti dalla sua sorgente in poi, autorizzati e non, oltre soprattutto gli scarichi del depuratore del Comune di Potenza, della Sider e prima ancora l’area industriale di Tito che è classificata come SIN nonché numerosi sversamenti effettuati nel tempo dalle varie attività produttive.
Questi scarichi, ai sensi della legislazione vigente, in particolare del decreto legislativo 152/2006, sono conformi per la loro immissione nelle acque superficiali; ma se queste devono essere destinate al consumo umano, possiamo affermare con assoluta certezza che l’approccio al problema può limitarsi ad un unico prelievo di acque del fiume, dichiarando con troppa fretta che le stesse possono essere utilizzate a fini potabili, promettendo magari altri campionamenti, senza peraltro specificare la frequenza e i siti dei prelievi?
Non lo si ritiene sufficiente.
E allora cosa fare per garantire una gestione più consona di una problematica così seria e difficile al fine di tranquillizzare i cittadini e tutelare la loro salute?
Ci viene incontro il decreto legislativo n.18 del 2023 che, recependo opportune e severe direttive europee, disciplina la materia in tema di tutela della qualità delle acque destinate al consumo umano, estendendo i controlli a numerose sostanze tossiche e prevedendo l’elaborazione del Piano Sicurezza Acque ( PSA) atto a garantire una approccio al tema della sicurezza dell’acqua basato sull’analisi del rischio dell’intera filiera idro – potabile, partendo dalla captazione delle acque fino al consumatore finale, passando per i sistemi di potabilizzazione.
E’ opportuno precisare subito che la redazione del PSA richiede un tempo tale che mal si coniuga con l’emergenza in corso e con la necessità di assumere decisioni ed interventi immediati.
Tanto premesso, si ritiene necessario che i decisori si ispirino, nel programmare i relativi controlli, al principio che è alla base della redazione del Piano Sicurezza Acqua (PSA), vale a dire la valutazione del rischio, il cui scopo è essenzialmente quello di eliminare o ridurre al minimo tutti i pericoli derivanti dall’utilizzo di acque potenzialmente inquinate, in questo caso partendo dalle fonti di approvvigionamento.
Ed allora, nell’emergenza idrica in atto, quali sono le criticità della filiera idro – potabile che possono essere di pregiudizio alla salute pubblica?
Essenzialmente due: 1) l’inquinamento del fiume Basento, come del resto attestato dagli stessi organismi di controllo, appena nel 2020, avendo riscontrato in diversi punti del suo corso il superamento dei limiti di alcune sostanze tossiche; 2) la capacità di depurare dell’impianto di potabilizzazione, a servizio della diga del Camastra, struttura collaudata negli anni 80.
Per quanto riguarda il punto 1), i controlli analitici devono essere estesi a vari punti del corso d’acqua del Basento con periodicità giornaliera; ma è importante controllare anche i reflui provenienti dall’impianto di depurazione della città di Potenza e da quello dell’area industriale di Tito, prima della loro immissione nel fiume Basento, allo scopo di avere un quadro più completo ed esaustivo di ciò che viene riversato nel fiume e poter eventualmente intervenire sulla efficienza degli impianti di depurazione.
Per quanto riguarda il punto 2), trattandosi di un impianto vecchio di 40 anni, sarebbe utile verificare la sua capacità depurativa in rapporto alle sostanze tossiche presenti nel fiume, avvalendosi anche di esperti esterni dell’ISS e dell’ISPRA.
Quindi, si tratta di programmare interventi di monitoraggio che vengano estesi, oltre a diversificati punti del corso d’acqua, anche alle fonti dell’inquinamento, con particolare riferimento agli impianti di depurazione della città e della zona industriale, per individuare eventuali correttivi utili a ridurre i rischi.
Come già accennato, utile sarebbe il coinvolgimento di istituti terzi come ISS e ISPRA.
Infine, non meno importante, sarebbe opportuno garantire la massima trasparenza, rendendo pubblici quotidianamente i risultati delle analisi, unitamente ai siti di prelievo, per offrire ai cittadini tutte le informazioni dovute, per una loro partecipazione più consapevole e attiva.”