Domani, mercoledì 15 gennaio presso il “Casino Padula”, nel Rione Agna Le Piane, la Polizia di Stato di Matera effettuerà un’esercitazione, nel corso della quale sarà simulato un intervento della Squadra di Negoziazione, struttura di nuova istituzione, per...
Dopo la prima del 20 gennaio al Teatro Guerrieri della multimillenaria Matera, approda al Teatro Ghione in Roma, la riduzione teatrale del libro “Eva e la Minestra del Paradiso” di Antonella Pagano (Armando Curcio Editore). Come nella migliore tradizione teatrale, anche del Ghione -che palpita Wilde e Pirandello, Shakespeare, Goldoni e belle avanguardie-, la pièce della Pagano discende da un’opera letteraria. L’eleganza del Ghione sposa la parola colta, la musica del pianoforte gran coda con il M° Daniela Brandi e la novità assoluta della musicista argentina M° Jaquelina Barra con i suoi“Paesaggi sonori”, anche Sacerdotessa sulla scena. Il libro da meditare e riporre tra quelli preziosi -per la cura tipografica di pregio- si lascia gustare in palcoscenico fino al reale assaggio delle ricette – teatrali per diritto di nascita. Epica attoriale ed epica musicale si fondono in forma favolistica condita di narrazione multimediale, romanzata con sapiente pedagogia, attenta anche alla contemporaneità. Lo sdoppiamento della personalità della protagonista, la poeta Antonella Pagano, è voluto non in quanto alterazione dell’identità, non rottura della coscienza, bensì quale potente e suggestivo rinforzo, invigorimento della persona-attore vivente il racconto, danzante finanche la morale occultata in fra le mille foglie dei Paesaggi sonori. Tra forza della Parola, potenza del Gesto ed evocatività dei libri d’Artista in scena, la poesia s’insinua prepotentemente e “angelicamente” a elevare i significati profondi sia dei personaggi che della Ricetta che, con intrigante presunzione, è detta del “paradiso”, paradiso che effluvia dai fumi e dalle musiche, tutte originali e rigorosamente dal vivo, composte dall’eclettica Pagano e dalla pianista Daniela Brandi. Musiche e sillabe che raccontano cosa inscena la Pagano -da oltre quarant’anni- accompagnandosi con mille campanelli, seduta su nuvole di tulle, con le sue liriche, le filastrocche e -come antico aedo- con i poemi dei territori fisici e i camminamenti-trincee dell’anima, i suoi Ritipoetici. “Amar la vita è follìa” è l’aria per soprano -il cui testo è sintesi del senso della storia, è il “virtuoso” inno alla vita elevato dalla bella voce della soprano Flavja Matmuja e dalla giovane eppur superba voce del baritono Valdrin Gashi. L’io e il mondo sono l’infinito territorio del confronto tra la poeta e il suo doppio: Paolina, nobildonna e attrice, nel metaforico “Teatro del Mondo” -gestito e curato dal pluriblasonato personaggio del Capocomico-Claudio Vitturini– la divinità normante, talvolta tonante, talvolta intimidita dall’”effervescenza” di Paolina. La tessitura è vieppiù intrigante per la presenza della sacerdotessa dei “Paesaggi sonori” che, con i suoi inusitati suoni, stigmatizza la sostanza della composizione: il raffinatissimo eros per il quale l’autrice ha lastricato l’intero percorso del libro e della pièce mentre il CIBO, insospettabilmente, si fa protagonista della storia; CIBO vero, Cibo metaforico e Cibo simbolico. Cibo come lo si preparava nelle ere passate, cibo realtà economica e antropologica d’alto profilo, in ispecie in Italia, cibo prediletto dai grandi della letteratura e della storia, cibo rituale, cibo per diletto e cibo di-letto in una narrazione squisita oscillante tra prosa e poesia viaggianti entrambe dentro l’accattivante gioco delle ricette che fin nel nome hanno l’x factor teatrale. La Eva della tessitura letteraria è il mistero del Principio femminile che nutre il testo e si confronta col divino Capocomico e con la Sacerdotessa dei “Paesaggi sonori”. Per iniettare bellezza nell’oggi supererotizzato ed espoliato dell’eleganza, vieppiu’ della raffinatezza, nell’oggi e nel mondo piombati nella miserrima genitalità, la poeta propone il recupero della nobile sostanza storico-filosofico-antropologica del CIBO, mezzo efficace per la riscoperta della sublimità dell’Eros quale forza creatrice. Occasionale, gioioso e godibile, il doppio senso lessicale giuoca ma senza abdicare mai all’eleganza. La presenza misterica mira a recuperare il suono del silenzio e dello stesso mistero, silenzio e mistero quali sovranissimi MAESTRI che gli umani hanno bandito dalla vita già prima della contemporaneità sostituendoli -miserrimamente- con plebei ismi omicidi: nihilismi e individualismi. Se con voce fuori campo l’autrice annuncia l’incipit della fabula, sillabe e note compongono il puzzle che alla fine…forse…l’arcano svelerà? Chissà! La ricetta? Forse la darà il Capocomico, il pluriblasonato Venceslao Storm. Forse tra le sillabe tonanti di Giovanni Sorrentino il Dante, il Casanova, l’Artusi in Lui reincarnati. Forse nel vortice del tango incarnato dalla splendida Laura Amadei con il partner Simone Salerno ?Il rito amoroso? Toccherà alla poeta, a Paolina o al Paesaggio sonoro con la festa di note mistericamente volteggianti attorno agli spettatori?.