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Due sorelle, la Basilicata, gli anni Ottanta ed Hermann Hesse: “Come un fiore sul quaderno”, in libreria il nuovo romanzo di Isa Grassano

Diciamo la verità: se abbiamo la fortuna di averla, quando siamo piccole non sempre riusciamo ad apprezzarla fino in fondo. Anzi, spesso scattano litigi, invidie, gelosie… Se invece non la abbiamo, viviamo chiedendoci come sarebbe stato bello se la avessimo avuta. “Una sorella è una sorella”, e per Speranza, adolescente negli anni Ottanta, sua sorella Rosa che vive in Svizzera, sul lago di Lugano, e che lei ha scoperto di avere per caso, diventa quasi una ragione di vita: può parlarne con le amiche, può immaginare il giorno in cui finalmente la incontrerà. Per lei è un modello e pazienza se i genitori fanno solo paragoni in cui a primeggiare è sempre Rosa – la sorella “più brava, più buona, più bella… più tutto”, mitologica e misteriosa e con la quale si è soltanto scambiata lunghe lettere.

Come un fiore sul quaderno (Giraldi Editori) è il nuovo romanzo della giornalista e scrittrice Isa Grassano che, così come era accaduto in Un giorno sì un altro no, si affida all’introspezione per narrare una storia delicata, leggera, nella quale non manca l’ironia. È una trama narrata anche sul filo dei ricordi, perché la Speranza di oggi mentre passa qualche giorno con il nipotino Filippo torna alla mente la Speranza del 1982, quando aveva dieci anni e “respirava” tutte le suggestioni di quel periodo.

Speranza, l’io narrante, racconta la quotidianità di una piccola famiglia del Sud – una famiglia fuori da qualsiasi schema che siamo stati abituati a interpretare – in una regione che è un “non tempo”, la Basilicata, arcaica, solitaria, generosa, e restituisce la geografia intima di una infanzia in cui anche i luoghi – le strade deserte, le case, il campo sportivo, la scuola –, le sensazioni e i sapori, diventano familiari a chi legge già dalle prime pagine.

È un percorso interiore che si intreccia con un percorso gastronomico – Speranza gestisce un ristorante, nel quale propone piatti lucani, sul mare romagnolo – e con un vero e proprio itinerario alla scoperta delle bellezze paesaggistiche della Basilicata, gli scorci di Cattolica e il mare della Riviera Romagnola fino a Lugano sulle tracce di Hermann Hesse che, con i suoi insegnamenti, torna spesso nel romanzo. Infine, ci sono gli anni Ottanta con le loro tante suggestioni, descritti sul filo dei ricordi.

Lo stile di Isa Grassano ha un garbo d’altri tempi, non è mai sopra le righe, accompagna il lettore in “scene d’interni” dimenticati nei quali la famiglia era un valore forte e intoccabile.

Scrive Anna di Cagno, giornalista e scrittrice, nella postfazione: “Come un fiore sul quaderno è un romanzo che attraverso una scrittura delicata e profonda, che non rinuncia all’ironia e alla leggerezza, ci riporta all’essenza della vita, alla sua più importante e difficile destinazione: sapere trovare ovunque l’occasione di amare. E per riuscirci la sfida più difficile è rispettare un patto di fiducia con il mondo che, dopo averci messo alla prova, saprà ricompensarci, se davvero ci crediamo”.

I legami, dalla famiglia alle amicizie, in “Come un fiore sul quaderno” spiccano. Non ti è sembrato di “osare” e di andare in controtendenza rispetto alla narrativa contemporanea in cui la maggior parte delle volte non sono le tradizioni a essere valorizzate ma le trasgressioni?

“Ho scelto di rimanere ancorata a quelli che sono i miei valori, la famiglia, l’amicizia, l’accoglienza, la generosità. Quelli che sono i valori poi della nostra terra, del nostro Sud. Volevo che tra le pagine trasparisse “il carattere” di chi è abituato a faticare per conquistare le cose, ma senza perdere il sorriso e appunto quelle che sono le tradizioni belle, che si ricordano. “

Tra Speranza e Rosa, ce n’è una che ti somiglia di più o si può dire che entrambe hanno qualcosa di te?

“Sicuramente Speranza è quella che più mi assomiglia e in molte cose ho raccontato la Isa piccola nella dimensione di Speranza. Le insicurezze, il rapporto con i compagni di classe, l’essere solare. E persino i giochi di Speranza, sono quelli che facevo io, da “Nomi, cose e città”, a giocare con le figurine o per strada “Alla conquista del West”. Rosa, invece, è un po’ una ragazza idealizzata, forse come avrei voluto essere.”

Nel tuo romanzo c’è tanta Basilicata: dalle bellezze paesaggistiche agli attrattori turistici fino alle tipicità gastronomiche e a qualche espressione dialettale. “Come un fiore sul quaderno” vuole essere anche un omaggio alla tua regione?

“Sono profondamente legata alla mia terra, perché come dico sempre “puoi portare un lucano fuori dalla Basilicata, ma non potrai mai portare la Basilicata fuori da un lucano” e quindi non perdo occasione per parlare della mia regione. Speranza ha un ristorante sulla riviera romagnola di cucina lucana e alle pareti gigantografie e immagini dei posti più belli da vedere. Un modo per far conoscere il nostro territorio a chi ci legge, un modo per omaggiare le mie radici che non rinnego mai, anzi sono state preziose per la mia formazione.”

Insieme a Rosa e Speranza gli anni Ottanta possono definirsi i protagonisti del tuo libro. È un periodo che ricordi con nostalgia?

“Credo che gli anni Ottanta siano ricordati con nostalgia anche da chi non li ha vissuti in prima persona, perché è stato un periodo di benessere, di spensieratezza, di voglia di fare, di scoperte. Ho un pizzico di nostalgia, ma di quella che fa sorridere, non che mette tristezza. Quella dove ogni tanto torno con la mente per trovare in qualche modo un po’ di pace, e anche le persone che non ci sono più ma che allora erano con me. La nostalgia che va accolta, con tutti i suoi ricordi ed esperienze vissute, perché ha sempre qualcosa di prezioso da dirci, perché ci aiuta a recuperare i significati importanti. Tra le pagine ho inserito gli oggetti di quel periodo, i giochi, persino il treno con i sedili di pelle marrone nei corridoi intasati di persone.”

Senza fare spoiler, spieghi che la trama di “Come un fiore sul quaderno” prende spunto da un episodio reale nel quale protagonista è una bugia bianca. Dal tuo punto di vista, meglio illudere, con innocenza, rischiando però poi di provocare una delusione o essere fin dall’inizio sinceri, rischiando di essere bruschi?

“A volte le bugie bianche possono servire, quando fungono da stimolo, quando aiutano a stare meglio. Forse anche io illuderei con innocenza.”

Isa Grassano, orgogliosamente lucana, vive da molti anni a Bologna. Giornalista professionista freelance, collabora con le più importanti testate nazionali tra cui “I Viaggi di Repubblica” e il settimanale “Intimità”. Scrive di attualità, interviste a personaggi, storie vere, turismo, libri. Cura il blog amichesiparte.com, “per sole donne, non donne sole”. È cofondatrice del Constructive Network (giornalisti e comunicatori che divulgano il giornalismo costruttivo in Italia). Tiene corsi di formazione per l’Ordine dei Giornalisti, è tutor al Master in Giornalismo di Alma Mater Studiorum Università di Bologna e ha vinto numerosi premi giornalistici e riconoscimenti. In passato ha scritto diverse guide “emozionali” (tra cui 101 cose da fare gratis in Italia per Newton Compton) e lettere per antologie letterarie (Lettere alla Madre e al Padre per Morellini Editore). Per Giraldi Editore ha già pubblicato con successo, anche mediatico, Un giorno sì un altro no. Vivrebbe un’estate perenne, ama viaggiare, leggere, scrivere a mano e sogna una casa vista mare. La sua carta vincente è il sorriso e il suo mantra una frase di Pablo Neruda: «È vietato non cercare la tua felicità».

Foto in copertina Marta Buso

Rossella Montemurro

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