In questi giorni che i giornali riportano la notizia che vorrebbero aiutare a suicidarsi con un farmaco preciso, ho “riletto” alcune pagine del profeta Isaia e in modo particolare alcuni capitoli, cioè quelli che gli esegeti chiamano “La grande apocalisse di Isaia”.
Vorrei leggere con voi alcuni versetti per capire come il Profeta ci descrivere come avverrà il giudizio di Dio sull’impero del male e dell’ingiustizia che si oppone idealmente e concretamente al mondo dei giusti.
Ecco, i versetti sono i seguenti:
“Lugubre è il mosto, la vigna languisce,
gemono tutti.
È cessata la gioia dei timpani,
è finito il chiasso dei gaudenti,
è cessata la gioia della cetra.
Non si beve più il vino tra i canti,
la bevanda inebriante è amara per chi la beve.
È distrutta la città del caos,
è chiuso l’ingresso di ogni casa.
Per le strade si lamentano, perché non c’è vino;
ogni gioia è scomparsa,
se ne è andata la letizia dal paese.
Nella città è rimasta la desolazione;
la porta è stata abbattuta, fatta a pezzi.” (Isaia 24, 7-12)
Come avete notate su quella città malefica, in cui si consumano orge tra canti e banchetti, ora si stende un sudario di morte.
Le porte sono sprangate, le strade sono deserte, i portali sono abbattuti e il silenzio è interrotto solo da lamenti.
Però Isaia ci vuole aiutare a capire la certezza che Dio non può restare impassibile di fronte al male imperante, all’ingiustizia trionfante, alla prepotenza vincente.
Ecco perché il Salmista dirà:
“Gli uomini diranno: «C’è un premio per il giusto,
c’è Dio che fa giustizia sulla terra!».
Nicola Incampo
Responsabile Regionale per l’IRC e la Pastorale Scolastica della Conferenza Episcopale di Basilicata