“Non era mio marito a mancarmi, non era il significato che la sua presenza assumeva agli occhi degli altri: mi mancava la certezza del suo ritorno a casa, l’ombra che mi faceva col suo corpo privo di grazia, la contraddizione crudele tra il velluto dello sguardo e la ruggine del ghigno permanente, la disinvoltura della stretta di mano frettolosa e insincera. (…)”
Accade il giorno dell’inaugurazione della mostra nella galleria d’arte di Berta: lei si sta preparando per l’evento e Libero le dice che vuole parlarle. Ma lei vuole solo far presto, gli chiede di vestirsi. Allora Libero glielo dice: “Ci dobbiamo lasciare, ho un’altra donna”. Così, a bruciapelo: è questo l’incipit di Fine di un matrimonio (Marsilio Editori) di Mavie Da Ponte, romanzo narrato in prima persona da Berta ancora incredula e scossa per l’inaspettata decisione del marito. Tuttavia, il loro non era certo un matrimonio che brillava per passione. Erano una coppia collaudata, lei gallerista d’arte un po’ frustrata, lui ginecologo di poche parole.
“Libero era un uomo molto insicuro, tormentato dalle sue aspirazioni professionali deluse e incapace di concentrarsi sul presente. Vedeva solo il domani, ed era costantemente concentrato su aspettative inverosimili, verso un futuro tanto inattingibile da risultare, alla prova dei fatti, sconfortanti”.
All’annuncio di Libero Berta non ha una reazione isterica: solo, non capisce perché quest’altra donna di cui non ha mai sospettato nulla, di cui non conosce il nome, appaia e si mangi il suo futuro.
Berta si intestardisce a interpretare la presenza accanto al marito di un’altra donna e, intanto, parla d’altro: di sé, del proprio corpo, di cosa può farne adesso che è sola, ha quasi cinquant’anni e non è né giovane né vecchia, adesso che è esattamente com’era prima di sposarsi – non avendo avuto figli, il suo corpo è rimasto identico a quello di quando era ragazza. Carla, una sua amica, le prende un appuntamento al buio con Lorenzo, un uomo di dieci anni più piccolo. Berta sulle prime è infastidita, impacciata – anche Lorenzo non è che sia così scaltro –, poi accetta di vivere quella relazione con tutte le contraddizioni, insieme ai rimpianti che ha dentro – un figlio, il rapporto con la propria madre…
Berta, quando scegliere non sembra più una possibilità e le difficoltà dei suoi rapporti paiono insormontabili, capisce che frequentare il salone di bellezza di Sara – la chiama così per semplificare, ma quale sarà il suo nome cinese? – ha più a che fare con il pensiero e l’arte che con le unghie: anzi, le unghie e il corpo certe volte possono essere il pensiero e l’arte.
L’esordio di Mavie Da Ponte è un originale flusso di coscienza di una donna che dopo la fine del proprio matrimonio traccia un ipotetico bilancio prendendo spunto da una quotidianità ritrovatasi improvvisamente “monca” della figura del marito. Lo stile, a differenza di volumi che affrontano una tematica simile, è a tratti leggero, quasi a stemperare con originalità momenti critici.
L’autrice è nata nel 1987, vicino al mare e in mezzo alle storie. Dopo studi linguistici e un dottorato in letteratura francese contemporanea, oggi si dedica alla scrittura.
Rossella Montemurro