Un giorno entrai in classe e scrissi alla lavagna “Il pretesto”.
Ed inviati i ragazzi a riflettere in silenzio.
Invitai un alunno a rispondere alla domanda e questi disse: “Quando ci arrendiamo facilmente alle difficoltà”.
E non solo, aggiunsi.
Poi, con molta calma, dissi: “Ora vi racconterò un’altra Favola di Fedro che ci raccontava sempre l’insegnante di Italiano alla scuola media.”
La favola è la seguente, La volpe e l’uva.
La volpe, costretta dalla fame, in una vigna alta, desiderava l’uva, saltando con tutte le sue forze;
ma non potendo toccarla, se ne andò dicendo: “Non è ancora matura; non voglio prenderla acerba”.
Coloro che svalutano a parole quanto non sono in grado di fare, dovrebbero attribuire questo esempio a se stessi.”
Gaio Giulio Fedro, nasce 20/15 a.C. circa e muore il 50 d.C. circa.
È stato uno scrittore romano autore di celebri Favole.
Fedro nacque intorno al20/15 a.C. e giunse giovanissimo a Roma come
schiavo, forse a seguito della violenta repressione, operata dal console Lucio
Calpurnio Pisone, della rivolta avvenuta in Tracia nel 13 a.C.
Avete notato come la volpe, non vista da nessuno, bramosa dell’uva salta a più non posso nel tentativo di soddisfarsi.
Purtroppo per lei la pergola è alta e per quanto poderosi i suoi balzi, non riesce nemmeno a sfiorare i grappoli.
A malincuore rinuncia, la volpe.
Tanto più a malincuore quanto più forte la fatica durante i tentativi inutili.
Avete notato come la volpe non sincera con se stessa, non ama dirsi la verità, perché invelenita del desiderio non corrisposto e sfoga la sua rabbia smentendo la qualità dell’uva.
Dice che non è matura.
E perché prenderla acerba?
Quante volte è capitato anche a noi di sfogare la nostra rabbia denigrando quello che prima era stato l’oggetto segreto del nostro desiderio.
È vero, l’uomo non è una volpe.
Ma chissà che a volte non capiti anche a noi di disprezzare ciò che vorremmo e non possiamo ottenere.
Nicola Incampo