"Come mai i ragazzi, e non solo loro, sembrano stare così tanto male oggi? Quali sono le ragioni che possono spiegare le nuove forme di disagio e l'emergenza psicologica in cui ci imbattiamo tutti, non solo chi si occupa per mestiere della salute mentale? Si tratta di...
In questi giorni di Quaresima, periodo di conversione, ho riletto Giovanni Papini e ho riletto quello che scrisse dopo la conversione.
Giovanni Papini nasce a Firenze il 9 gennaio 1881, passò nell’arco della sua esistenza dal Manifesto Futurista al Vangelo in un viaggio singolare e ‘politicamente scorretto’ (si direbbe oggi).
Nacque in una famiglia artigiana.
Luigi Papini, suo padre, era un ex garibaldino e ateo. Sua madre, Erminia Cardini, lo fece battezzare all’insaputa del coniuge.
Forse già dall’inizio si doveva capire che Giovanni non sarebbe stato ‘uno qualunque’.
Sin da giovanissimo è gran lettore e organizzatore culturale.
Nel 1900 insieme a Giuseppe Prezzolini fa nascere il programma de “Il Leonardo”, rivista fondata con l’obiettivo di stravolgere la cultura accademica italiana, i suoi meccanismi, gli stereotipi.
Nel 1906 pubblica il saggio ‘Il crepuscolo dei filosofi’ dove autori come Kant, Hegel, Schopenhauer e Nietzsche vengono messi in discussione, dichiarando la morte della filosofia.
Nel 1921 Papini annuncia la sua conversione e pubblica “Storia di Cristo”.
Sarà poi la volta di “Sant’Agostino” (1929).
Papini si rivedeva nella figura del religioso, anche per la conversione in età matura e dopo una esistenza irrequieta.
A proposito della sua conversione con lucida onestà dichiarò: “Tutto quello che potevamo fare contro Dio, l’abbiamo fatto. E non una volta, ma tante e tante volte!
Quanti altri Giuda dopo Giuda!
Quanti altri Caifa dopo Caifa!
Quanti altri Pilato dopo Pilato!
La nostra unica speranza è l’infinita misericordia di Dio”.
Aveva perfettamente ragione!
Immaginate Papa Giovanni XXIII, uomo straordinariamente mite, spesso diceva: “Sono convinto che con la bontà, prima o poi si scalfigge qualsiasi cattiveria”.
Gesù ci ha svelato un’altra sorprendente caratteristica di Dio: Dio ama la povertà, Dio ama la semplicità! Dio è umile.
Un giorno, un tale, preso dall’entusiasmo dopo averlo ascoltato, gli disse: “Signore, ti seguirò ovunque tu andrai!”.
E Gesù gli rispose: “Vieni pure! Però sappi che gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell’uomo non ha neppure dove posare il capo”.
Avete mai riflettuto perché Dio si comporta così?
Per ricordarci questa fondamentale verità: non sono le ricchezze che danno la felicità, ma è il cuore buono, il cuore felice è il cuore abitato da Dio.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica