mercoledì, 15 Gennaio 2025


“Diego Pastore aveva un aspetto ordinario. Una trentina d’anni, capelli ben pettinati, abbigliamento curato. Un ragazzo come tanti”.
Diego Pastore, un passato traumatico, sadomasochista, affetto da un grave disturbo narcisista e dalla sindrome di Ekbom (presenza invasiva di insetti nel corpo, nel suo caso le formiche) è Zio Teddy, il serial killer pedofilo che è diventato l’incubo di Foggia. Sulle sue tracce si è mosso addirittura lo SCO, il Sevizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, con il dirigente della seconda divisione Renzo Bruni, un uomo integerrimo – “(…) Fare il poliziotto era quello che volevo. Il mio lavoro è applicare la legge e cerco di farlo nel migliore dei modi. Non sempre ci riesco, comunque ci provo.
Ho delle storie da raccontare perché ne ho vissute molte. E le ho sofferte tutte”.
Pastore e Bruni sono i due protagonisti del nuovo thriller del questore di Foggia Piernicola Silvis, Formicae (SEM), un testo adrenalinico, con un ritmo serrato e uno stile diretto e immediato che fin dalle prime pagine immerge il lettore nel caos malato delle mente di Diego e nel fiuto investigativo di Renzo.
Quella di Diego è da un lato una sfida, condotta con un delirio di onnipotenza che sfocia in ossessioni religiose, dall’altro una richiesta di aiuto straziante. Protetto dai genitori che preferiscono negare le sue ossessioni, il ragazzo vive alla ricerca della prossima vittima per poi attendere in modo smanioso che gli organi di informazione diffondano notizie e particolari sui delitti che commette. Arriva anche a contattare le forze dell’ordine, in una sorta di auto esaltazione costante, coperto da un pericoloso senso di impunità.
Non c’è sangue né ci sono scene particolarmente raccapriccianti: ma proprio ciò che non è esplicitato può essere immaginato, la tensione è palpabile dall’inizio alla fine.
Silvis alterna le pagine in cui agisce Diego, narrate in terza persone, a quelle che si riferiscono a Bruni, in prima persona. Una partita a due giocata con gli strumenti del male, in cui i colpi di scena ribaltano la linearità della trama e i personaggi non si dimenticano facilmente. I dialoghi sono coinvolgenti così come le parti descrittive del testo, spesso al limite e in grado di togliere il sonno al lettore. A far da contorno, l’ombra dei Servizi e la Capitanata ammanicata ai clan – anche loro disorientati dalla mente perversa di Diego. Lo stile di Formicae è molto curato, segno distintivo da sempre, questo, dei libri di Silvis.
Come è nata la trama di Formicae?
“Desideravo molto rappresentare un nuovo modello di poliziotto. Un collega come tanti, serio e professionale, senza doti speciali o caratteristiche strane. Non legato a un territorio, ma uno che ha come competenza la nazione intera. Volevo mostrare ai lettori come si svolgono nella realtà certe indagini delicate e pressanti. Poi c’è stato in me il desiderio di dare giustizia alle vittime di certi casi di cronaca, in cui ragazze giovanissime sono state uccise e buttate in discariche come fossero spazzatura. Da questo è scaturita la trama del romanzo”.
Quella di Diego Pastore è una personalità molto complessa. Come si è documentato per descrivere un serial killer?
“Sinceramente non è stato difficile. Mi è bastato attingere alla cronaca e alle mie conoscenze professionali sul tema”.
Anche in Un assassino qualunque lei prendeva in esame gli aspetti più ombrosi, turpi, moralmente inaccettabili della psiche. Perché questa attenzione a ciò che più ci spaventa, a quella parte più violenta della nostra interiorità che i protagonisti dei suoi thriller non riescono a tenere a bada?
“Ho una forte spinta ad aiutare il prossimo, e amo molto i bambini. E sono convinto che non ci sia miglior stimolo per mettere in guardia i genitori del mostrare loro il male che potrebbe venir fatto ai figli. E poi le personalità ombrose e cupe hanno sempre un fascino oscuro, che spaventa ognuno di noi”.
 Quanto le somiglia Renzo Bruni?
“Poco come personaggio in linea generale, ma molto – e ovviamente – nelle scelte quotidiane. E’ chiaro che se Bruni deve ascoltare una musica, ascolterà i Pink Floyd e non una nenia medievale, perché io amo molto i Pink floyd. Se Bruni deve bere alcol, preferirà un rhum e non un liquore dolce, perché io i liquori dolci li odio. E via dicendo”.
 La disinformazione, i pregiudizi – il serial killer deve essere un immigrato pedofilo -, la stampa che preferisce il falso scoop alla verità. Formicae affronta anche queste tematiche. Quante volte si è scontrato nella sua vita professionale con tutto ciò?
“Se devo essere sincero poche volte. Quella del romanzo è solo un’esasperazione voluta ed esemplare, esattamente uguale e contraria a chi esaspera i casi di cronaca nei talk show e la pericolosità sociale degli immigrati”.
 Formicae è come se avesse una vera e propria colonna sonora, a partire da De Andrè scelto per la suoneria del cellulare di Bruni. Qual è il suo rapporto con la musica?
“Ottimo, direi. Cantautori, Genesis, Pink floyd (come ho detto prima). E le colonne sonore: mi fanno impazzire. Rota, Morricone, Williams, Lai, Zimmer, i grandi autori delle colonne sonore delle commedie all’italiana degli anni ’70, come Piccioni, Cipriani, Trovajoli e altri”.
Svolgendo un lavoro in cui si è esposti ad un alto rischio di burn-out, trova nella scrittura la sua “camera di decompressione”?
“No, assolutamente. Il mio lavoro non mi ha mai esposto al rischio da stress per aver visto troppe cose brutte. Ci sarò portato, non so. Scrivere mi piace perché amo condividere con gli altri le emozioni, meglio se quelle che creo io. Forse è egocentrismo, non lo so, forse tutti gli artisti sono degli egocentrici. In ogni caso è così, scrivere non è per me uno sfogo, è solo il piacere di piacere ai lettori”.
Piernicola Silvis (1954), dirigente della Polizia di Stato, nel corso della carriera è stato capo delle Squadre Mobili di Vicenza e Verona, dirigente dei commissariati di Pubblica Sicurezza di Vasto e Senigallia, capo di gabinetto della questura di Ancona, vice questore vicario di Macerata e questore di Oristano. Formicae è il suo quarto libro, dopo Un assassino qualunque (2006), L’ultimo indizio (2008) e Gli anni nascosti (2010). I suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue.
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