Domani, mercoledì 15 gennaio presso il “Casino Padula”, nel Rione Agna Le Piane, la Polizia di Stato di Matera effettuerà un’esercitazione, nel corso della quale sarà simulato un intervento della Squadra di Negoziazione, struttura di nuova istituzione, per...
Non ha neanche trent’anni, Olivia Sudjic, ed è stata paragonata a giganti della narrativa contemporanea come Murakami Haruki, Donna Tartt e Patricia Highsmith.
Una vita non mia (minimum fax, collana Sotterranei, traduzione di Chiara Baffa) è stato salutato dai principali quotidiani inglesi e americani come uno dei migliori esordi degli ultimi anni.
La Sudjic, che è nata a Londra e ha studiato letteratura inglese alla Cambridge University ha scritto un romanzo in cui la ricerca dell’identità e il dominio dei social network si intrecciano dando vita a una storia caotica e intrigante, proprio come le due protagoniste.
Alice Hare – laureata in filosofia, con un padre sparito nel nulla e una madre ossessiva e manipolatrice – ha ventitré anni quando lascia l’Inghilterra per tornare a New York, sua città natale. E’ nella Grande Mela che cerca di ricostruire la sua complicata storia familiare concentrandosi sul breve lasso di tempo in cui lei e i genitori hanno vissuto in Giappone: un periodo che, essendo troppo piccola per ricordarlo, si sente libera di inventare.
È in questo momento che Alice incrocia Mizuko Himura, scrittrice giapponese: complice un’iPhone e Instagram, per Alice la donna diventa un pensiero fisso, un’ossessione che la spinge ad emularla, a inseguirla, a sentirsi completamente infatuata. Ancora una volta con lo zampino dei social, le due si incontrano – ovviamente a Mizuko sembra una casualità ma nell’era della connessione costante le coincidenze non esistono.
Realtà e finzione, bugie e tensioni caratterizzeranno il rapporto tra Alice e Mizuko, sempre all’insegna dei social in un groviglio in cui spiccheranno legami di sangue, scelte sbagliate e relazioni tormentate.